Ho bisogno dei miei spazi altrimenti soffoco. Leggere un libro senza nessuno attorno. Camminare sulla spiaggia per tre ore senza rendere conto ad alcuno. Dormire, fino a mezzogiorno e poi alzarmi e tornare ancora a letto. Stare la sera dopo le dieci da solo sul divano. Fare un complimento senza pensare a un tornaconto, soltanto per il piacere di farlo. Dire cose mie segrete a gente che conosco pochissimo o da pochissimo. Mangiare la Nutella senza esser visto. Leggere il giornale mentre ceno. Guardare le gambe delle donne, mica sempre ma ogni tanto. Ascoltare musica con il volume a palla, sotto la doccia o mentre mi rado. Rimanere al buio e con le cuffie dell'iPod per non essere disturbato quando la Juventus perde (d'accordo, quest'anno non è mai capitato, però un paio di volte l'ho fatto lo stesso, restandoci male per un pareggio). Scrivere al computer nel più completo silenzio. Guardare alla tv telefilm violenti, tipo Board Walk Empire o i Soprano. Girare canale anche se c'è Zelig, quando mi annoio. Bere una Sprite ghiacciata o una Coca Cola o anche semplicemente dell'acqua naturale (Sprite e Coca Cola però sono meglio) in piena notte, quando la sera prima ho divorato una pizza e mi sveglio di soprassalto con un arsura che neanche nel deserto del Gobi la sentono. Camminare a zonzo per le località di villeggiatura, lasciando Isabella e i bambini in albergo o in appartamento o nel bungalow. E un'altra mezza dozzina di circostanze che ora dimentico o che ricordo ma sono troppo pavido per elencarle nel dettaglio.
Perché è vero che la felicità è autentica solo quando si condivide, come ho scritto ieri, ma pure un santo ha bisogno del proprio spazio vitale, figuriamoci io.
P.S. Mentre scrivevo questo post, pensavo che in dialetto milanese esiste una frase, un motto, un intercalare persino, proprio per trasmettere il bisogno di rimanere solo, ogni tanto, e più ancora di non restare invischiato da un eccesso di vicinanza: "Sta sù de dòss". Cinico ma talvolta necessario.
Foto by Leonora
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