sabato 7 ottobre 2023

La parte limpida (Palombari si diventa)

Li ho messi in fila uno ad uno e tengo per ultimo te, ciliegina sulla torta, con i tuoi quindici anni, quasi sedici, e la tua figura asciutta, tutta muscoli e nervi, con tutte le contraddizioni dei tuoi anni e insieme lo stupore di una personalità in divenire, che si forma.
Mi sorprendi spesso, in positivo, per la luce che porti dentro, anche se non mancano le zone d'ombra, luoghi essenzialmente dell'anima, che non danno traccia di sé, ma di cui intuisco l'esistenza, senza volerli approfondire, scandagliare, per non fare come l'acqua che se peschi troppo a fondo il torbido lo trovi, mentre tu meriti di essere considerato e giudicato per la tua immensa parte limpida.
Forse un giorno deciderai tu di essere palombaro, di setacciare il limo sedimentato dalle vicende di vita, ma fino a quel tempo - se mai verrà - il tuo candore avrà il sopravvento nella considerazione della persona che sei e che ha arricchito come lievito la nostra casa.

P.S. Di molto ti sono grato, più di tutto della possibilità che mi dai di far emergere la parte migliore di me, quella più adulta, paterna, così simile a quella del mio, d'un padre. Un misto di concessione di fiducia e  dolcezza, indulgenza, comprensione, che gli ho sempre invidiato e che ora, senza sforzo, ritrovo in me, nei tuoi confronti. "Complicità". Così la avverto, di tanto in tanto, in alcuni piccoli gesti, in cenni più o meno velati d'intesa, che segnalano affinità, oltre che affetto. Anche per questo sono immensamente grato che tu ci sia.

venerdì 6 ottobre 2023

Io non c’ero (Voi sì)

Come sono belli, sorridenti, tutti in posa, così diversi tra loro, così a specchio del meglio che siamo stati, che siamo.
Cugini di sangue, amici per scelta, testimonianza di come i legami siano più forti del tempo e dimostrazione che chi ci ha preceduto non ha calcato questa terra invano, lasciando un’eredità viva, che vale una fortuna.
“I nove dell’Ave Maria” li chiamerebbero, se fosse un film del secolo scorso, invece sono l'immagine di una preghiera di ringraziamento laica, la mia, la nostra, quella d'una famiglia semplice, la cui ricchezza più grande è appunto il legame, il tenerci gli uni agli altri, il bene reciproco.
E quando scrivo che voi c'eravate, intendo tutti coloro che hanno contribuito a dare loro vita e che questa vita l'hanno attraversata. Non ne faccio i nomi, perché dovrei compilare un lungo elenco, però ho in mente uno a uno tutti i volti di chi ho conosciuto, che mi è stato accanto, che ha condiviso con me il dolore e la festa, lo svago e la fatica, numi tutelari di una storia ch'è ruota che gira, parte da lontano e non è mai finita.

P.S. Siccome l'etica è importante, ma pure l'estetica non scherza - specie ai giorni nostri, nella civiltà dell'immagine - alleggerisco i toni e riporto la sottolineatura di un'amica che lavora nella moda, a commento della foto di gruppo, qui sopra: "Che armonia cromatica". Già. Non ci avevo fatto caso. Se sia questione di buon gusto o di omologazione generazionale non saprei dire, sta di fatto che l'insieme paga l'occhio e rimanda a una bellezza ch'è non soltanto involucro, ma pure nerbo, sostanza.

giovedì 5 ottobre 2023

Tre pere (Così va il mondo)

Tra i beni che mio padre in eredità ha lasciato ci sono decine di alberi, alcuni cresciuti spontanei, altri piantati da lui medesimo.
Tra questi, nel terreno a due passi dalla casa dove vivo, c’è un pero.
Non un’essenza dal tronco possente, la chioma folta, i rami protesi a sfiorare il cielo: un “pirus communis”, lo dice il nome stesso, nulla di eccezionale, poco più di un arbusto (del resto, anche se molti lo ignorano, appartiene alla stessa famiglia delle rose), alto appena un palmo più della mia testa, tanto che a mani protese se ne può cogliere il frutto.
E così è stato fatto, anche quest’anno, con buona pace di mia madre, che per quella sentinella tremula nel mezzo dell’orto ha un legame speciale e fa eccezione persino alla preferenza per i nipoti rispetto al figlio, visto che conserva per me ogni sparuto frutto, cogliendolo in anticipo e conservandolo con cura, finché arriva a maturazione, con l’inizio dell’autunno.
Un rito laico, celebrato pure quest’anno, grazie a tre pere, non una di più, né una di meno.
E se ne parlo qua, con un lungo preambolo - più buccia che polpa, sarebbe da scrivere - è perché mentre le assaporavo non ho potuto fare a meno di riflettere sulle differenze tra ognuna delle tre e il paragone con i figli, i miei, ma pure tutti i figli e le figlie e le persone del mondo.
Perché, pur provenendo dallo stesso albero e cresciute apparentemente con le stesse riserve di acqua e di luce, ciascuna pera aveva un proprio gusto, originale e diverso.
La prima dolcissima, zuccherina, succosa e deliziosa come nettare, la seconda asciutta e compatta, con sapore sciapo e allappante (“questa pera sa di rapa” avrebbe sentenziato, disgustato, mio padre), la terza migliore della seconda ma non della prima, una via di mezza senza infamia e neppure lode.
Ora, certo un motivo scientifico ci sarà per comprendere il perché delle differenze, ma le spiegazioni qui non interessano.
A importarmi invece è che la pianta sia la stessa, che i geni non siano differenti e che dunque la causa consista in altro.
Vale per me genitore, che le discrepanze in ciascuno dei miei figli le noto.
A me pare di esser fortunato, cioè tutti hanno in comune del dolce, del buono, tuttavia neanche qua sta il punto.
Il punto è che non tutto dipende da me, da noi, poiché esiste qualcosa di più grande, di più forte, che orienta carattere, preferenze, ideali, gusto…
Siamo albero, è vero, ma il frutto, pur partorito da noi, risulta essere “altro”, differente, perché così va il mondo (“va”, nel senso proprio che avanza, muta, si evolve, sopravvive, cioè “vive sopra” anche noi, che l’abbiamo generato).
Una ragione in più per mettersi il cuore in pace e considerare la diversità un valore, qualcosa di buono, bello.

P.S. Piantare alberi. Un gesto antico, che nella civiltà contadina era appannaggio di tutti, mentre ora si delega per di più all’esperto di turno, il giardiniere o la persona - per lo più anziana - che cura l’orto. Piantare alberi tuttavia ha un significato profondo, poiché legato a filo doppio all'aspettativa di futuro, alla volontà di costruirlo o, quanto meno, prepararlo. Vale per i popoli e pure per il singolo, per chi mette a dimora un seme non per sé, bensì lasciandolo in eredità e dunque a beneficio di qualcun altro.

mercoledì 4 ottobre 2023

Hai voluto la bicicletta (E io sto fermo)

È tornato dall'Irlanda, dopo due anni e mezzo di vita, studio e lavoro, ripartirà presto e per altro lido, sempre lontano da casa, questa volta in Spagna, a Barcellona: orizzonte certo, tempo imprecisato.
Una decisione su cui non ho proferito verbo, essendo ormai lui un adulto, come ho scritto nel giorno esatto in cui me ne sono accorto, poche settimane fa per altro.
Se lo scrivo qua non è per pettegolezzo, né per mettere in piazza affari che riguardano soltanto lui e al massimo noi, soltanto. Piuttosto perché esiste sempre un certo punto in cui i figli fanno le valigie e vogliono andare via, un'esperienza che per fortuna si ripete, anche se ciò, come ogni distacco, comporta pure una parte di sofferenza, di dolore. "Patire la ferita della loro libertà" scrive Franco Nembrini, nel suo libro "Di padre in figlio", in cui mette in guardia da due possibili errori: "Chiudere la casa per non lasciarli uscire oppure uscire con loro". Invece no. "L'adulto è quello che sta, che resta per la felicità che gode lui, per il bene che intravede lui, per la speranza che vive lui".
Soltanto così, lo scrive innanzi tutto per convincere appieno me stesso, chi se ne va potrà essere a sua volta felice, riuscendo a costruire fuori ciò che per lui esisterà sempre, dentro.

P.S. Aggiungo quello che in apparenza è un dettaglio, ma che quando lo ha comunicato ha suscitato uno stupore che ha lambito la perplessità e lo sgomento: "A Barcellona andrò in bicicletta".
Ora, non dico la madre, che si sa che le mamme sono apprensive e stanno in pena per un nonnulla e vorrebbero sempre controllare se uscendo ti sei coperto abbastanza o non hai scordato l'ombrello, ma pure io un sopracciglio l'ho alzato. Non per lui, che ha gambe e cuore d'atleta e in bicicletta potrebbe fare il giro del mondo, bensì per le insidie della strada, gli automobilisti distratti, i mezzi pesanti, le intemperie del meteo, l'organizzazione complessiva del viaggio... Poi, passato lo scossone iniziale e messo da parte l'istinto primario di protezione, è subentrata sua maestà la ragione e tutti i motivi per cui accettare la dose di rischio (gli stessi, ad esempio, di quando abbiamo detto di sì a Giovanni che voleva il motorino).
Perciò non mi resta che ricordare il post scriptum d'un anno esatto fa, che calza anche oggi a pennello: "La sensazione di precarietà è sovente abbinata al desiderio di tenere tutto sotto controllo, alla mania di gestire ogni cosa, alla paura di “lasciare che sia”, mollando la presa, affidandosi alla corrente, al mare aperto. Altrettanto spesso, specie in questo tempo, mi conforta e fa da bilanciere la lezione delle tragedie greche, di Elettra, di Edipo, sull’ineluttabilità del destino, la circostanza che nulla dipende veramente da noi e che dunque darsi troppa pena, oltre che sciocco, sia vano".

martedì 3 ottobre 2023

Dubbio magistrale (Ciò che conta davvero)

È vero, penso spesso alla fortuna di chi ha scelto un percorso di studi che sfocia in professioni in cui c'è molta richiesta d'impiego (ingegneria, chimica, medicina, infermieristica...), mentre tu hai deciso per il campo largo della filosofia, d'una materia che portando dappertutto non trova sbocco in nessun luogo specifico.
Poi però mi ritrovo sdraiato accanto a te, come ieri sera, mentre mi spieghi la differenza tra ontologia e metafisica, imitando con bonomia il tuo professore, quando dice che "la metafisica, la metafisica è tutto!", potendo discutere delle risposte di Papa Francesco ai "dubbia" di cinque cardinali, contando sulla capacità di comprendere e affrontare qualsiasi ragionamento, per amore di conoscenza, senza altro fine o scopo.
Ed è in quei momenti che il piatto della bilancia assume un altro peso e comprendo che se anche non ne ricavassi un euro, grazie a ciò che hai imparato e stai apprendendo sei certo più ricca e d'una ricchezza che non teme disoccupazione né inflazione o scherzi d'investimento.

P.S. Il percorso di laurea magistrale che hai scelto, in lingua inglese, per me è difficile da pronunciare e impossibile da ricordare a memoria, per esteso: "Philosophical Knowledge: Foundations, Methods, Applications". Hai cominciato a frequentare da un paio di settimane e, rispetto all'anno di lavoro che hai fatto, nella mia percezione è come se fossi tornata al liceo. Basta tuttavia un istante, un attimo, sentendoti parlare, per comprendere che no, che la ragazza di allora s'è già trasformata in donna e che nulla è più lo stesso, tranne l'essenza della persona che sei, curiosa e desiderosa di capire sempre tutto, a fondo.

lunedì 2 ottobre 2023

L'uomo nel mezzo (M'è capitata bella)

Il destino, oltre ad essere ineffabile, è pure beffardo.
Sia messo agli atti, a imperitura memoria: per mettere alla prova il mio noto spirito ottimistico nei confronti dell’essere umano, dell’umanità in sé e il convincimento sul suo progressivo “addomesticarsi”, diventare più gentile, tollerante, “umana”, appunto, ha fatto sì che mio figlio diventasse... arbitro.
Di calcio.
Non occorre aggiungere altro.
Qualcosa forse sì, potremmo aggiungerlo, così, per sport, per condividere più il divertimento che la rabbia, l’incredulità, lo sgomento, la delusione, la stizza nel sentire panciuti cinquantenni che non correrebbero di fila più di un minuto, mamme che il pallone sanno a malapena ch’è rotondo, nonni che a fatica si reggono in piedi, spesso aiutandosi aggrappandosi alla rete di recinzione a bordo campo, non cessando però di imprecare, sgolarsi, insultare con ostinazione e rancore profondo.
Il lato positivo - perché c'è sempre un aspetto positivo, in tutto - è che così alleno me stesso alla tolleranza, allo spirito zen, alla comprensione profonda dell'animo umano, incluso bassi istinti e diffusa ignoranza, ricordando che le persone sono quello, ma pure molto altro.

P.S. "Idiota", Mongolo", "Bastardo", "Capra", "Cretino", "Deficiente", "Venduto", "Fighetta"... Potrei continuare a lungo, con l'aggravante che finora, ad un anno esatto dal suo esordio (l'1 ottobre 2022), un po' per fortuna, un po' per suo talento, non c'è stata partita che sia una terminata in malo modo ovvero con proteste e lamentele dissennate e corali, al di là di qualche urlo, qualche epiteto più o meno volgare, variopinto. E anche quando le orecchie sentono gli insulti che gli rivolgono contro, il cuore non smette di essere fiero di quel ragazzo solo, in mezzo al campo, che (come altri ragazzi e ragazze) per pochi spiccioli e molto impegno, compie il proprio dovere, crescendo innanzi tutto come essere umano.

domenica 1 ottobre 2023

Restaurazione d'ottobre (Tra il dire e il fare)

Un post al giorno. A ottobre cerco sempre di farlo e pure quest'anno, nonostante fossi intenzionato a lasciar perdere, a interrompere un'abitudine cominciata per gioco, per sfida a me stesso.
Non scordando da dove sono partito: la convinzione che lasciare traccia ogni giorno conservando varietà, originalità, buon gusto sia impresa da geni, dunque fuori dalla portata del sottoscritto.
Ciò nonostante lo ripropongo, innanzi tutto come esercizio, considerato che tra le molte lacune che ho, la maggiore è certamente l'incapacità di tradurre in pratica quanto penso, di colmare la distanza tra il dire e il fare, che in me assume le proporzioni d'un oceano.

P.S. Ci sono due modi per guardare a se stessi: con eccessiva indulgenza e con pari durezza. Lascio sospeso perciò il giudizio su quante riportato in queste pagine, che può apparire poca cosa per me (e certo lo è), ma nel contempo non dispiacere a qualcun altro, per quell'insondabile mistero che, se preso a piccole dosi, può sembrare illuminante persino il banale, l'ovvio.