giovedì 28 febbraio 2008

Ci conto


I miei figli sono piccoli. Cioè, Giacomo è alto, molto alto e anche robusto, ma ha solo 11 anni. Giorgia invece di anni ne ha 8, mentre Giovanni tre mesi fa ne ha compiuti 5.

Mi sono venuti in mente, ieri, mentre ero al lavoro, per due notizie distinte in cui mi sono imbattutto. La prima è il tetto massimo al costo dei libri di testo, fissato nei giorni scorsi dal ministero dell'istruzione. Per un liceo non si dovrebbe spendere più di 370 euro, ma a sentire alunni e genitori e professori qui a Como si superano tranquillamente i 450 euro, con un picco di oltre 600 euro il primo anno, se si contano anche vocabolari e atlanti vari.

Non ho mai fatto conti riguardo ai miei figli, perché li considero un dono e credo che la provvidenza esiste e in qualche modo ce la si cava sempre. Però ieri, leggendo il servizio che la nuova stagista aveva appena terminato, mi è passata per la testa un'ombra. Solo un'ombra o, se volete, un filo d'ansia, che ho subito scacciato, ma che per un istante mi ha fatto pensare che tempo mi aspetta in futuro, se le preoccupazioni economiche saranno un nuovo, futuro compagno di viaggio.

Non è finita qua. Un altro servizio, curato dalla mia collega Manuela, si occupava di cosa mangiano a pranzo, fuori casa, studenti comaschi delle superiori e dell'università. La cosa che mi ha colpito è questa: molti ragazzi preferiscono arrangiarsi in qualche modo e spendere i 5 euro del panino per comprarsi una ricarica del cellulare.
Libri, cellulare, divertimenti. Sono tre e anche l'economia di scala, sulla quale faccio molto affidamento, non sempre giova. Per fortuna sono ancora "piccoli". Ci penseremo.
Foto by Leonora

mercoledì 27 febbraio 2008

I have a dream


Luisa mi rimprovera di scrivere poco sul blog e i numeri mi danno torto. Il fatto è che non sempre ho qualcosa da dire (come sottotitola Mauro) e soprattutto non sempre ho voglia di "mettermi in relazione" con gli altri.

Il blog, invece, in sostanza prevede questo: condividere, fare parte di una comunità. Il blog è relazione, rete sociale, altrimenti tanto vale chiamarlo "manifesto".

Il suo limite è tuttavia questo: a differenza dei rapporti personali autentici - dove vale anche uno sguardo, o il rumore di fondo, o il silenzio - senza "post" e senza "commenti" la comunità che gravita attorno si inaridisce, si spegne.

E io, in questi giorni, sento sì desiderio di comunicare, ma soprattutto di comunicare attraverso volti, voci, tavole imbandite o spoglie, non importa, purché ci sia, oltre a vino e pane, anche calore.

Avrei voglia di sere di giugno, sul terrazzo. Vorrei avere seduto accanto a me David, con MG, al secolo Maria Giulia, e Massimiliano, che mi dice un'altra cosa sul caffè o su come si fa a scaglie il parmigiano. E vorrei abbracciare Angelo, che ha un lavoro importante, che lo porta su e giù tra Germania e Mediterraneo e vorrei andare io, per una volta, a trovarlo, al Cairo, magari un venerdì, quando là è festa, e sederci insieme, a un tavolino basso, e ricordare quando eravamo ragazzi e dirgli quanto gli sono riconoscente, grato, per l'uomo che grazie a lui, soprattutto grazie a lui, sono diventato. E vorrei salire con Vale fino a Bardonecchia, per sentire ridere Agnese e bere un vov caldo sulle piste da sci e conoscere Luca e toccare la sua barba e vedere se è così bello come l'ho visto in fotografia. E vorrei che il "Bar camp" di Torino si trasferisse, a maggio, nel mio giardino, per parlare con Frenz e dirgli che davvero lo stimo, che anche se l'ho visto una sola volta in vita mia, per me è destinato a realizzare grandi cose. E ascoltare la sinfonia numero 6 in Do minore di Jean Sibelius con Gaspar, per vedere se anche quando sente suonare il violino rimane così serio e per sentirlo ridere una volta, perché sono sicuro che quando abbiamo cenato insieme, al pizza blog, lo ha fatto, ha riso, ma adesso non me lo ricordo più e me lo vedo sempre così serio, come quando spiega che i suoi amici lo chiamano "talebano" perché non sopporta i servizi del tg con la musica di sottofondo e io ogni tanto la musica nei servizi che faccio al tg la metto, ma adesso me ne vergogno. E vorrei prendere la macchina e portare con me Leonora (per fare le fotografie ma anche perché ha una faccia che mi piace, che mi ispira simpatia) e andare a trovare tutti coloro che in questi mesi mi hanno scritto, vorrei suonare loro il campanello o bussare alla porta, senza dirgli che arrivo, e vedere che faccia fanno e farmi invitare a bere un caffè insieme e farlo pagare a loro, perché io ho già speso abbastanza in benzina e autostrada.

Vorrei essere capace di fare qualcosa di pazzo come quello e sorprendere prima di tutto me stesso. Ma non lo farò, perché io sono fondamentalmente un egoista e anche sulle emozioni ho il "braccino corto" e razionalizzo tutto e come mi dice Claudia, "anestetizzo".

Stasera però, a casa mia verranno sei amici speciali e Isabella farà le lasagne e chiacchiereremo e allora un po' di tutto questo che ho immaginato sarà vero.
Foto by Leonora

martedì 26 febbraio 2008

Sette note in sette giorni



Come mi capita non di rado, in questi giorni, sono restato in apnea per un po'. Ad uso e consumo di parenti / amici / conoscenti aggiorno brevemente sugli ultimi eventi.

Primo. Non ho aggiornato il blog perché il lavoro mi porta via oltre a parecchie ore, preziose energie. Pur considerandomi un "obiettore" della strage di Erba e riuscendo a delegare al mio collega "Stakanov" Romualdi la cronaca giorno per giorno di ciò che avviene in aula e (soprattutto) fuori, la responsabilità della redazione del tg mi obbliga ad occuparmene più di quanto vorrei. Con spirito lievemente masochista, che tento di celare dicendomi che rientra anche quello nei miei doveri professionali di aggiornamento, seguo la triste vicenda anche sul blog del mio amico Mauro e persino sui media nazionali. Secondo. Nei rari momenti liberi, scippati al lavoro e pure alla famiglia, cerco di rimanere aggiornato con le tematiche sul futuro dell'informazione. Oggi, ad esempio, mi sono guardato due interventi di "State of the Net", che si è tenuto un paio di settimane fa a Udine e a cui non ho partecipato di persona. In particolare mi sono sorbito i video dell'intervento di un amico, Gaspar, e un dibattito moderato da Marco Formento.

Terzo. Negli ancor più rari momenti scippati alla famiglia e allo studio professionale, mi diletto nella lettura di un bel libro di riflessioni di storia naturale, scritto da Stephen Jay Gould e intitolato "Bravo Brontosauro". C'è un capitolo che consiglierei anche a Gaspar, Formento e tutti gli amici di "State of the Net", in cui si parla della tastiera Qwerty e di come essa smentisca alcune teorie sull'evoluzione.

Quarto. Cerco di farmi una ragione di come possano capitare cose del genere: più di un mese fa chiedo alla Telecom di cambiare il mio abbonamento ad Alice, passando da una tariffa "a tempo" ad una flat. Mi dicono che devono passare quindici giorni prima dell'attivazione. Dopo tre settimane il modem per il collegamento "a tempo" non funziona più, per cui chiamo Telecom e mi viene risposto che come da richiesta sono collegato "flat". Una settimana fa, noto problemi sulla linea, richiamo Telecom e un gentile operatore dice che non risulta che io abbia alcun collegamento "flat", non prima del 27 febbraio almeno. Rispondo che un'operatore precedente mi aveva assicurato il contrario. Mi viene risposto che capita, che probabilmente mi arriverà una bolletta più alta, poiché nel frattempo il collegamento a Internet è stato calcolato "a tempo", e mi viene suggerito di non pagare se non quello che io credo sia giusto e poi di mandare una lettera in cui si spiega quanto avvenuto. Nel breve istante di silenzio dovuto alla sorpresa, che solitamente precede di qualche secondo l'incavolatura, lo stesso operatore ribadisce che "di solito capita" e che comunque ogni telefonata con loro viene registrata, per cui alla fine potrò dimostrare le mie ragioni. Ok, benissimo. Ma la scocciatura e l'incavolamento chi me lo risarcisce? E poi, siamo nel 2008, nell'era dei servizi efficienti e rapidi verso il cliente o siamo rimasti all'Ottocento di Kafka?

Quinto. Mi ostino a seguire la politica. A me Uolter non dispiace, ma evidentemente conto poco, poiché mi è simpatico pure Prodi e invece, a sentire Formigoni questa sera, dovrei vergognarmene profondamente, poiché la sua legislatura è stata la più breve dal dopoguerra e nessun altro premier è stato giudicato meno popolare. Mi verrebbe voglia di ribattere che era ora che, dal dopoguerra, avessimo uno che andato in minoranza in parlamento, se ne andasse a casa portando con se anche i mille e passa parlamentari magna magna. E forse, sempre nel dopoguerra, sarebbe stato utile qualche primo ministro impopolare ma "utile" all'Italia, mentre ne abbiamo avuti in abbondanza di popolarissimi e assolutamente inutili.

Sesto. Ho visto in tv il derby, Juve - Torino. A differenza di sabato scorso l'arbitro non è stato scandaloso e così me la posso tranquillamente prendere con Ranieri che non fa giocare il mio beniamino, Tiago.

Settimo. Non rubare. Ma a me pure Moggi stava simpatico...


Foto by Leonora





lunedì 18 febbraio 2008

Giorgio 2.0


Questo post l'ho scritto ieri sera, con il mio nuovo cellulare dotato di collegamento wire-less, comodamente sdraiato nel mio letto, dopo essermi visto - con lo stesso telefonino - Cochi e Renato su You Tube, che cantavano "La canzone intelligente" e "Ma come porti i capelli bella bionda".

Cito l'episodio perché soltanto ieri mi pare di aver adempiuto alla missione "Giorgio 2.0" (come l'ha definito Elena), che mi ero prefissato qualche mese fa, quando questo blog é nato. Ora davvero sono connesso: che abbia qualcosa da dire è un altro discorso e riguarda, più che il nuovo, il "vetero" Giorgio, cioè il "dinosauro" che fieramente resiste in me.

(Foto by Lyonora)

mercoledì 13 febbraio 2008

Io corro da solo (o del "vero miracolo italiano")

Ne vorrei fare a meno, vorrei per una volta "sfangarla", vorrei che tutto fosse già passato, ma il senso del dovere civico è un masso che mi porto appresso greve e così, trattenendo il fiato, mi sono lasciato lentamente e consapevolmente scivolare in quella cariddi che è la campagna elettorale.

Un vortice insidioso quanto il primo scoglio che mi si è parato innanzi: Bruno Vespa e Berlusconi a "Porta a Porta". Lo ammetto, fino alla scrivania di ciliegio non sono arrivato (un conto è il senso civico, un altro il masochismo) ma per un'ora abbondante ho tenuto duro, impedendo a me stesso gesti inconsulti o plateali forme di indignazione, che per altro nessuno avrebbe raccolto, essendosi già la mia famiglia ritirata da un pezzo.


L'antipasto alla serata era stato servito in tavola per traverso, allorché nello zapping mi ero imbattuto in Tremonti a "Ballarò". "Calma" mi ero detto, "non roviniamoci la quiete domestica sentendolo ridire che in questi due anni l'Italia è stata devastata", come se quando ce l'ha lasciata lui era perfetta, smaliante e senza una ruga come il contorno occhi di Berlusconi. "Calma! Fa parte del gioco. Sono tutti uguali. Anche dall'altra parte mica scherzano". Ho pigiato il tasto del decoder e dopo due lunghi respiri sono tornato a gustarmi il Dottor House su Sky.


La resa è giunta mezz'ora dopo. Berlusconi, più giovane che nel 1994 e meno arrogante del solito, era lì, seduto di fronte a Vespa. Mi veniva il nervoso, ma meno che con Tremonti e così ho ceduto, congedando per per precauzione anche la mia consorte e dichiarando aperta la personalissima campagna elettorale.



Tutto 'sto preambolo per sfogare un po' di frustrazione e per aggiungere un contenuto ai temi politici che mi pare meriti d'essere accennato.


Tutti d'accordo, sembra, a voler tagliare le tasse. Bene, bravi, bis. Ci mancherebbe altro che qualcuno si alzi in piedi e proclami: "No! Io di tasse ne voglio pagare di più!".

Se ci penso bene, però, che diano una spuntatina alle imposte (perché di ciò si tratterebbe, a meno di dare per assodato che gli asini volino) a me importa poco davvero. Quanto mi rimane in tasca? Pochi euro, che magari se ne vanno con le imposte locali maggiorate.


Insomma, a me questa storia del taglio delle tasse non prende proprio. Io, se fossi Berlusconi o Veltroni (di faccia, a settant'anni suonati, preferirei il Berlusca, d'animo e core non c'è proprio corsa, Walternone tutta la vita) avrei un'unica preoccupazione economica: tenere a bada l'inflazione. Tenere bassi i prezzi, dare più potere d'acquisto per i salari.


Come gli anziani, che ricordano benissimo la stessa storia ma non di averla già raccontata alle stesse persone, anch'io ho un aneddoto personale. Quando ho cominciato a lavorare qui in tv (1999) andavo con due Mauro e un Marco a mangiare tutti i mezzogiorno da Rino, ristorante toscano, in via Vitani a Como, spendendo dieci, undici mila lire per un primo con i fiocchi, acqua e caffè. Ora di Rino non mi posso nemeno permettere l'odore delle pappardelle al sugo d'anatra e resto a mangiare da solo in redazione o, quando è bel tempo, mi godo sole e lago su una panchina di viale Geno.


Nel frattempo si sono alternati governi di tutti i colori e non pretendo certo, ora, di tornare ai lauti pasti di un tempo. Però, visto l'andazzo in picchiata libera, vorrei tra altri dieci anni non ritrovarmi a rimpiangere persino la piadina con annessa panchina.


P.S. La frustrazione a cui accennavo prima è dovuta al fatto di voler intervenire o ribattere agli ospiti che siedono in televisione, senza ovviamente poterlo fare. E' inutile che mi dibatta sul divano o mostri cenni di concreto stupore: nessuno, nella penombra della sala, li raccoglie. Ieri sera, ad esempio, quando ùl Berlusca nicchiava su Dini e Mastella, non ammettendo che faranno parte della sua coalizione, ma neppure potendo mentire spudoratamente dichiarando il contrario, per un paio di volte mi sono aggrappato al televisore gridando: "Diglielo!!! Abbi il coraggio di dirlo che gliel'hai promesso a Mastella di portarlo con te se faceva cadere Prodi!!! Digli che adesso, se potessi, lo lasceresti ibernato a Ceppaloni ma che ormai non puoi, che ti tocca ingoiarlo 'sto rospo!!!". Berlusconi, è inutile aggiungerlo, non l'ha detto. Io invece giuro che, se l'avesse detto, se avesse dichiarato: "Mi consenta, caro Vespa, di dire che a Mastella gli ho promesso il cadreghino, ma in verità mi fa venire il voltastomaco, perché già una volta mi ha tradito e così stasera, quella scrivania di finto ciliegio io la userei per firmare una cosa seria, cioè che mi rimangio la promessa che gli ho fatto e che un posto alla Camera e tanto meno al Senato può scordarselo", ecco, se avesse detto questo, io Berlusconi stavolta l'avrei votato. Sarebbe stato il vero "miracolo italiano".


(Foto by Lyonora)

domenica 10 febbraio 2008

Sogno o son connesso


Fine settimana tranquillo: ne approfitto per una nota di cronaca personale.

Da qualche giorno anche a casa ho un collegamento flat a Internet. Ieri sera, con mio figlio maggiore, Giacomo (11 anni), invece di guardare la tv abbiamo passato un paio d'ore su You Tube, ridendo per le papere dei calciatori e gli spezzoni di Dado a Zelig e le scene memorabili di Fantozzi. A un certo punto è arrivato anche il più piccolo della tribù, Giovanni (5 anni) mi si è seduto in braccio ed è stato dei nostri, in quel "novello" focolare domestico ch'è diventato l'angolo computer.
Stasera, rientrando a casa, ho trovato mia figlia Giorgia che giocava a Lizzie qualcosa sul sito della Disney (poi mi sono intromesso io e mentre lei se la cavava benissimo da sola, sono riuscito a dirgli: "Ma no, fai così, anzi così..." mandando in tilt il computer e facendogli passare la voglia).

Ora sto ascoltando la radio di Elena; consulto il sito di Repubblica e del Corsera per capire cos'ha detto di nuovo Walterone Veltroni; leggo sul blog di Mauro il commento sulla città di Udine e sulla maggiore "civicità" rispetto a Como; do un occhiata alle diapositive mostrate da Gaspar allo State of the Net concluso ieri, rendendomi conto che i resoconti sul suo intervento, pur riportati da gente affidabile ed autorevole, non ne hanno resituito perfettamente il senso; controllo le mail arrivate nelle ultime ore. Sono connesso, insomma. Con il mondo ma soprattutto con me stesso. E ho come l'impressione di essere entrato da poche ore in una fase nuova, come se fosse la prima pagina di ciò che per anni ho chiamato futuro ed ora è già qui.

(Foto by Lyonora)


venerdì 8 febbraio 2008

Ho voluto la bicicletta e anche Max pedala


Mentre sono qui (Como), ma vorrei essere lì (Udine) per gustarmi parole, opere, omissioni e soprattutto facce dello State of the Net italiano, in questo scampolo di tempo che mi ritaglio voglio dare un annuncio e un consiglio.

Primo, l'annuncio: ho siglato un patto con Leonora, che mi concede gratuitamente (purché citate) le foto del suo blog, in modo da arricchire i miei post. E' una sorta di accordo tra la Yamaha e la Michelin, senza problemi di fisco come per Valentino Rossi.
Le ho chiesto se mi lasciava usare le sue foto perché per me sono migliori delle parole e chi mi conosce sa quanta importanza io dia proprio alle parole. Quella che vedete in questo post, ovviamente, è sua.

Secondo, il consiglio. Il mio amico David ha a sua volta un amico che si chiama Max e che una volta venne a casa mia insegnandomi che la moka del caffè si deve far scaldare a fuoco lento (lo scrivo poiché mi è rimasto impresso e perché non è un dettaglio da poco, a mio modo di vedere, su come si intende la vita). Max ha appena aperto un blog e anche se io l'ho incontrato una volta soltanto e la proprietà transitiva in amicizia non esiste, volevo consigliarlo a chi mi conosce.
Stamattina, ad esempio, appena gli ho dato un'occhiata, ho riso per un quarto d'ora leggendo questo suo post "politico".
Per i frequentatori assidui della rete, avviso subito che Max non ha ancora un Feeds Rss, ma scommeto che come per il sottoscritto prima o poi capirà a cosa serve e soprattutto quant'è importante.

lunedì 4 febbraio 2008

Concorrenza leale (2)


Nessun “medium” è perfetto.
Lo scrivo come premessa a un ragionamento che avevo cominciato un paio di giorni fa, senza il tempo di renderlo compiuto.
Mauro, per un tempo gramo e insieme fecondo che gli capita, ha creato un blog che è anche un esperimento e un laboratorio. Ha scelto un fatto di cronaca a cui viene dato ampio risalto dai mezzi d’informazione sia locali sia nazionali (il processo alla così detta “strage di Erba”) e lo segue da “blogger”, mettendo a disposizione le proprie competenze, senza vincoli editoriali.
In questo modo assistiamo a un unico evento, seguito da più mezzi: televisione, giornali e blog.
Un’analisi dettagliata del fenomeno potremo averla soltanto tra un paio di mesi, quando il processo si concluderà e saremo dunque in grado di risalire a ritroso ciò che è accaduto, valutando criticamente tempi e modi in cui la notizia, le notizie sono state messe a disposizione di un pubblico. La mia speranza è che questa occasione non vada sprecata.

Nel frattempo, aggiungo il punto di partenza, cioè i “pregiudizi” da cliente di informazione, sottolineando da un punto di vista personale limiti e risorse e aspettative di ogni mezzo.

Giornale: per leggere ciò che è accaduto devo attendere generalmente il giorno dopo, ottenendo però in cambio un approfondimento maggiore e in molti casi il piacere della buona lettura. Il piacere di avere tra le mani la carta è una sensazione per taluni (per me, ad esempio) affascinante, che vale prezzo e attesa. Si dice che è la televisione ormai a “dettare l’agenda”, ma è altrettanto vero che per “pesare” la medesima agenda si attende l’uscita in edicola e la lettura del giornale. In ciò conta una qualità che, pur scemando per diverse ragioni, la carta stampata ha mantenuto negli anni: l’autorevolezza. C’è un altro aspetto, apparentemente marginale, ma che a mio modo di vedere rende il giornale unico: si può conservare, intero o a ritagli. Se rovisto in casa mia, non è raro che da un cassetto o dalle pagine di un libro o da una cartelletta dimenticata da qualche parte spunti un rettangolo di carta ormai ingiallita, che in qualche maniera ho reputato un giorno meritevole di esser messo da parte, conservato. Rimanendo alla “strage di Erba”, il giorno dopo ho atteso il Corriere di Como per leggere ciò che aveva scritto Dario Campione (di cui conservo l’inizio di un suo pezzo su un paese del lago:“Un grumo di case, appeso alla montagna”) cioè di un buon giornalista prestato alla “nera” e confrontarlo con il lavoro di Paolo Moretti e Stefano Ferrari della Provincia, ovvero due “neristi” puri che fanno del buon giornalismo. Così come sono rimasto incantato a leggere il resoconto della stessa giornata fatto da Natalia Aspesi, per Repubblica.


Televisione: ha tre vantaggi non da poco: la velocità di comunicazione, una diffusione estesa e la potenza dell’audio-video insieme. Tre carte che costituiscono una potenza di fuoco micidiale. Non c’è evento significativo che non venga seguito in presa diretta, trasformando lo spettatore in attore e l’evento stesso in patrimonio comune. Di contro, è costretta ogni volta a ripetere sé stessa, come se le cose “comunicate” fossero scritte sulla sabbia e ovviando appunto con la continua ripetizione, in modo da aggiornare chi si collega in quel momento, ma finendo con l’annoiare facilmente il telespettatore attento. Una regola che ne rende meno incisivo anche l’approfondimento, poiché se è vero che ci sono programmi intelligenti, capaci di fornire tagli di lettura non banali, è altrettanto vero che il percorso lineare non facilita la comprensione. Un limite che è compensato dall’offerta di immagini (“Ho visto, è vero”) che si stampano nella memoria più facilmente di un ragionamento. Restando alla “strage di Erba”, con tutta la stima che ho di giornali, carta stampata e nuovi mezzi di comunicazione, credo che i due spezzoni di audio-video scelti da Marco Romualdi e mandati in onda dal tg di Espansione non abbiano pari per spiegare chiaramente i differenti obiettivi che accusa e difesa hanno nel processo. In poco più di tre minuti e mezzo, perfettamente distribuiti tra l’intervento del pubblico ministero Massimo Astori e dell’avvocato difensore dei Romano, Enzo Pacia, abbiamo appreso senza intermediari il punto nodale del processo. Non male. Così come, a sentenza emessa, la trasmissione della Rai “Un giorno in pretura”, autorizzata dalla corte a mandare in onda il tutto, sarà quanto di più simile alla realtà di aver partecipato da spettatori a quel processo.


Blog: potenzialmente il mezzo più completo, capace di produrre più contenuti che giornali e televisioni insieme, essere più rapido della stessa televisione, senza neppure il limite del trascorrere fluido e “inafferrabile” del messaggio informativo, poiché con Internet il messaggio rimane a disposizione, come e quando preferiamo riceverlo. Il limite semmai, potrebbe paradossalmente essere l’estrema abbondanza di informazioni, non facili da gestire e in cui è facile perdere l’orientamento. In questo senso il blog sulla strage di Erba è un esperimento e un laboratorio, assai più efficace se in corso d’opera, come credo, Mauro riuscirà a svincolarsi dalla logica in cui siamo stati formati (l’informazione “da uno verso molti”) per intraprendere nuovi percorsi, nuove vie (l’informazione “da molti verso molti”). In altre parole, mi interessa scoprire se il blog è un’evoluzione naturale di giornali e tv oppure può rappresentare qualcosa di completamente nuovo, in cui la dimensione orizzontale sostituisce quella verticale non soltanto nella fruizione della notizia ma anche in quella della sua acquisizione.


P.S. Questo post non ha alcuna ambizione, se non quella di esporre pensieri in ordine sparso, nella logica di una “concorrenza leale” tra diversi “medium”, nella convinzione che concorrenza non è altro che il nome con cui possiamo chiamare la massima forma di collaborazione.

sabato 2 febbraio 2008

Dietro la porta chiusa

Oggi ho pianto. Ho pianto a lungo, in silenzio, senza vergogna ma con pudore, chiudendo la porta della stanza e nascondendo gli occhi con l'incavo del braccio.
Ho pianto leggendo le parole di Mario Calabresi e del suo "Spingendo la notte più in là", che mi ha dato ieri mia madre e che racconta la storia della sua famiglia e di altre vittime del terrorismo.
Sono arrivato a pagina 30 e l'ho riposto sul comodino. Almeno per oggi sono io a non spingere la notte più in là e voglio conservarle care quelle pagine, la testimonianza di un dolore e di una redenzione. Ha quasi la mia età Mario Calabresi, solo qualche anno più giovane, come Antonia Custra, figlia di Antonio, ucciso da un colpo di pistola nel 1977, mentre faceva il poliziotto in Via De Amicis a Milano. Entrambi non hanno conosciuto il padre e a me torna in mente il mio. Ho pianto oggi e non me ne vergogno, anche se ho cercato di fare piano, e ho chiuso la porta della stanza e mi sono coperto gli occhi con il braccio.

venerdì 1 febbraio 2008

Concorrenza leale (1)


Vorrei prendere spunto da un blog - esperimento - laboratorio del mio amico Mauro, che ha deciso di seguire la strage di Erba da "blogger" per un pensiero su differenze / similitudini dei mezzi d'informazione (giornali, radio, tv, internet) ma la mia pausa pranzo è scemata senza quasi me ne accorgessi.
Prometto di tornarci sopra, magari nel week-end.
Intanto segnalo un post che introduce bene il tema e una due giorni imperdibile, che affronterà questi argomenti e che si terrà venerdì 8 e sabato 9 febbraio, a Udine. Si intitola "State of the Net" e qui la introduce bene Luca De Biasi.