mercoledì 31 marzo 2021

Vedere, vedersi (Meglio)

Porto gli occhiali. Mi hanno cambiato la vita, non soltanto la vista. Testimoniando il limite umano, l'ineluttabilità della decadenza - inclusa quella fisica - hanno obbligato a guardare a me stesso e a chi incrocia i miei passi con maggiore attenzione, cercando una comprensione più nitida.
La cosa avvenne da sé naturalmente, senza una data precisa, ma associo quel passaggio al coltivare un talento presente già prima: la capacità di vedere il meglio degli altri, di osservarli sotto una luce che brilla.
Non lo faccio per vezzo, piaggeria, cecità verso il male o eccessiva indulgenza.
Credo piuttosto sia questione di indole, di formazione, di convinzione che in ogni essere umano ci sia una scintilla di divinità, un'impronta di bontà, a dispetto di qualsiasi cattiveria (di cui per altro diamo spesso prova).
Anche se penso al lavoro, alle relazioni, credo che una qualità sia quella di trarre il meglio dagli altri poiché io per primo in essi vedo il meglio.
Un talento, dicevo, e pure un esercizio, una capacità che è possibile allenare. Anche, non soltanto, "portando gli occhiali".

P.S. A proposito di "vedere meglio". Considero Alessandro Baricco lungimirante, abile nel guardare lontano, e addirittura visionario, in grado di arrivare con lo sguardo oltre.
Oltre la linea d'orizzonte, là dove l'aritmetica degli occhi non arriva e occorre l'azzardo della mente, dei teoremi, delle arrampicate verticali, lo spettro degli infrarossi per cogliere un pezzetto di verità nascosta ai più e partendo da esso per ricostruire l'intera mappa.
In questo il saggista Baricco ha pochi rivali e gli sono grato poiché - da "Next" del 2002, passando per "I barbari", "The Game", "Quel che stavamo cercando", fino al recentissimo "Mai più", quattro articoli con cui ha inaugurato la collaborazione con "Il Post" - è da vent'anni quasi esatti mi fa da lanterna.
Qui trovate la prima puntata, poi è stata pubblicata la seconda, continuando con la terza, concludendo con la quarta e ultima. Per chi ha desiderio di immaginare il futuro, e anche il presente, buona lettura.

lunedì 8 marzo 2021

Il regalo∞ (Un otto, sdraiato)

Un otto sdraiato (∞) è il segno dell'infinito e infinita potrebbe apparire la distanza per congiungere due eventi che ricorrono in questo 8 marzo: la festa delle donne e l'ottantesimo compleanno di Ambrogio.
Invece un punto e croce in comune io lo noto.
Concerne il nesso tra riconoscenza e miglioramento, tra tradizione e progresso, tra vecchio e nuovo.
Non parlerò allora della festa né di Ambrogio, bensì delle donne e della generazione che ci ha immediatamente preceduto, quella di chi oggi ha settanta o ottant'anni, ovvero tutte le persone a cui dobbiamo il benessere di cui godiamo, i giganti le cui spalle ci hanno innalzato, senza le quali non avremmo tutte le opportunità che oggi abbondano.
La stessa generazione di mio padre, per intenderci, a cui non smetterò mai di essere grato e che per certi aspetti era avanti anni luce, un illuminato proprio, ma per altri restava ancorato a schemi fissi, che oggi mi appaiono in tutta la loro inadeguatezza, che stridono come unghie sui vetri in base alla sensibilità maturata nel tempo.
Ho citato le donne, non per caso. Io stesso sono figlio della concezione rigida secondo la quale l'uomo, il maschio, usciva a lavorare e la donna, la femmina, badava alle faccende domestiche, ad accudire prole e casa. Anche chi non faceva la casalinga e aveva un mestiere che la impegnava otto ore al giorno, come mia madre, era scontato che al ritorno a casa le spettasse pulire, stirare, lavare, cucinare...
In pratica è come se in una corsa, qualcuno dovesse gareggiare portando in più sulla schiena una zaino colmo di sassi, un fardello.
Inaccettabile, oltre che iniquo, ingiusto. Non soltanto per i miei figli, né per me, anche per lo stesso Ambrogio o per mio padre, se fosse ancora vivo, a ragionarci ora, ne sono certo (poiché una migliore sensibilità non è discesa dal cielo, né germogliata nel deserto, bensì si è formata "in virtù" della generazione che pian piano ci sta salutando, non "nonostante" essa).
Il vero regalo allora - come alternativa alla mimosa o, per i più generosi, in aggiunta ad essa - è lo scrollarci di dosso pregiudizi, vecchi stereotipi e cattive abitudini che di fatto penalizzano, discriminano.
Non una benevola concessione, bensì la presa di coscienza di un torto evidente e l'opportunità di porvi definitivamente rimedio (da parte mia, ad esempio, spendendo qualche parola meno e pulendo casa o cucinando, di più).

P.S. Quello che avevo da dire ad Ambrogio gliel'ho detto, lasciandogli ieri sul tavolo una bottiglia di vino e una lettera, per raccontargli ciò che a voce non riuscirei, per una sorta di pudore, di imbarazzo. Qui aggiungo soltanto un dettaglio, scrivendo che per lui provo una stima e un bene immensi, che somigliano proprio a un otto, sdraiato.

sabato 6 marzo 2021

Ascoltare, ascoltarsi (Di più)

Mi piacciono i ponti e i punti. Pure quelli di sutura, spessi, a filo grosso, che lasciano una cicatrice in evidenza, a futura memoria di un inciampo, di uno strappo, tutto sommato di una storia.
Questo tempo ne pretende molti e ancora più ne pretenderà, nei mesi che verranno, per ricucire la distanza tra mondi, tra gruppi di persone, tra generazioni costrette in cattività, a stare unite forzatamente durante la pandemia e che al "liberi tutti" potrebbero disperdersi come un'esplosione, con l'energia dei tori scappati dalla gabbia.
Le differenze di stato, di condizione, di possibilità, appianate ed appiattite ora, torneranno impetuose, cessato il pensiero unico del salvare la pelle dal virus, comportando sì una vitalità positiva, una ripartenza fulminante, ma anche il rischio di altre scollature, di distanze come voragini, tra chi ha accumulato denaro, bisogni, aspettative, e chi invece è rimasto piegato o soltanto indietro, senza più forza o volontà di balzare sul treno in corsa.
Non è una profezia e neppure una certezza, che in fatto di previsioni ne azzecco meno degli oroscopi sulla Settimana Enigmistica.
Piuttosto è una sensazione, un campanello che trilla, ieri l'altro debole, oggi meno flebile, più intenso ogni giorno che passa avvicinandosi al termine dell'emergenza.
Leggo, mi pare di leggere, uno strappo, e vorrei con la stessa premura scovare l'ago e il filo che rammenda.
Lo trovo, mi pare di trovarlo, nel guardaroba dell'esperienza, nel cassetto con la targhetta: "Ascolta".
Ascoltare le esigenze, i desideri, i sentimenti, le paure degli altri, dell'altro, è esercizio che impegna orecchie e insieme stomaco, cuore, testa.
Ascoltare è atto di partenza (mettersi in ascolto) e punto di arrivo, presa d'atto, disposizione a cambiare l'opinione, la posizione propria.
Occorre coraggio, costa fatica.
Pure nelle piccole cose, come adesso, seduto sul divano, con te accanto, Giorgia, mentre sentiamo le canzoni di Sanremo e a me sembrano dire niente, mentre a te "parlano", hanno significati che vanno oltre il testo e la musica.
Dare tutto per scontato, mettere etichette sbrigative, avere la puzza sotto il naso e giudicare ogni cosa banale, già vista, inadeguata, brutta o superficiale non qualifica l'oggetto osservato, bensì colui che vede tutto in negativo, è incapace di cogliere le differenze, non riesce più a sorprendersi per nulla.
Io non voglio essere così, non voglio spegnermi, lasciandoti su quel divano e nella vita sola.

P.S. Al massimo voglio addormentarmi, essendo da un pezzo passata della notte l'una.