sabato 24 febbraio 2024

Ad alta voce (Elogio d'un puro)

Di nome fa Nicola ed è un puro.
Se ne scrivo qui è per mandargli idealmente un abbraccio, visto che ieri è andato in pensione e l’ho sempre stimato tantissimo, non tanto come cronista, che di colleghi bravi ce ne sono un sacco, bensì come persona, come essere umano.
Chi è poco attento alle vicende extra redazione Nicola Panzeri lo conoscerà a malapena o niente affatto: esordio professionale nella sua Brianza alta, se non ricordo male al Giornale di Merate, poi una vita a La Provincia, con una parentesi a Il Cittadino di Monza, dove l’ho conosciuto.
Un omone alto e grosso, anche di voce, tanto che convivere con lui non è stato facile per chi aveva la scrivania a un passo.
Anche perché, a differenza della maggior parte di noi, che utilizziamo (e spesso abusiamo) di messaggi o mail, lui è rimasto fedele al telefono, alla comunicazione diretta, alla relazione fatta di botta e risposta, spiegandosi a tono, anche se nel suo caso con qualche decibel di troppo.
Un dettaglio marginale, tuttavia, rispetto al motivo per cui ai miei occhi si è sempre distinto: il suo candore di fondo, una bontà d’animo scevra da ogni smanceria o pelosità, e che riassumo in un dettaglio che di lui dice tutto: non l’ho mai sentito parlar male di nessuno. Di nessuno. Mai. Neanche un accenno, un allusione, un pettegolezzo. Al massimo un sopracciglio alzato o un’espressione attonita, di stupore o perplessità, a cui però non aggiungere verbo. E anche quando esprimeva una riserva o un dubbio, era sempre contestualizzato a un fatto, mai alla persona in sé.
Ecco perché Nicola Panzeri mancherà, in un piccolo mondo qual è il nostro. Perché i grandi giornalisti possono scrivere articoli bellissimi, ma sono le persone serie, leali, a fare da colonna a un tempio qual è quello dell’informazione, sempre più a rischio d'esser profanato.

P.S. C’è un secondo aspetto per il quale Nicola ha da insegnare a chiunque, quello della fedeltà nell’amicizia. Se penso a lui non posso infatti prescindere da Ernesto, Ernesto Galigani, che di carattere è assai differente da Nicola, ma che con Nicola s’è sempre completato, esattamente come capita a me con gli amici a cui più tengo. 

sabato 10 febbraio 2024

Ma quali palle (Il grande inganno)

Io non lo so, figlia mia, se tutto il gran parlare di "patriarcato" contribuirà a raddrizzare qualcuna delle molte storture che tuttora resistono oppure se il tifo da stadio che si scatena su tutto - o di là o di qua, o con me o contro di me, bianco o nero - immergerà in una melassa di qualunquismo e di banalità ogni ragionevolezza e buon senso. Così come ignoro il giusto o lo sbagliato su molte questioni.
Quasi tutte, a dire il vero.
Se c'è una cosa che però mi risulta chiara è quanto truffaldino sia indicare ad un attributo maschile - "le palle" - qualità che noto spessissimo declinate al femminile: il coraggio, la schiettezza, la perseveranza, la forza, il puntiglio, l'audacia. E se fino a qualche tempo fa pure io, a mo' di complimento, dicevo: "Ha le palle", ora mi mordo la lingua, vergognandomi persino.
Perché le molte donne al comando che stimo, e anche quelle con ruoli di minore visibilità, ma di eguale responsabilità e servizio, non sono quelle emerse scimiottando irruenza o cinismo, bensì aggiungendo alla determinazione sensibilità, stile, spessore umano, garbo.

P.S. È stato un mese, quello appena archiviato, immerso in un'esperienza totalizzante, trascorsa con le ali ai piedi e un cuore a gonfie vele, impegnato come non mai e al tempo stesso mai stanco. Non aggiungo altro, per adesso. Se non un "grazie", perché davvero sono un uomo fortunato. 

lunedì 8 gennaio 2024

Un terno all'otto (Il giorno non qualunque)

Me ne sono ricordato all'ultimo, al termine di una telefonata in coda alla serata, quando il campanile di sant'Agata batteva le undici e già stavo per salutare spiccio mia mamma, curioso di vedere l'ultima bozza della prima pagina.
"Hai cominciato nel giorno del papà" mi ha detto, incrinando d'un tratto la voce, come chi d'improvviso si rattrista.
Il giorno del papà. Lo avevo completamente scordato, non soltanto oggi, che pur ho qualche giustificazione, essendo entrato in un frullatore d'informazioni, nomi, volti, ma altresì in ciascun iniziato degli ultimi due mesi, da che ho saputo che a Brescia avrei iniziato il nuovo lavoro proprio l'8 di gennaio.
Quindici anni fa, una notte di queste fu un'alba d'agonia. Se ne andava colui che più ha inciso nella mia vita, generandomi non soltanto biologicamente e donandomi quella libertà - di essere chi sono, di non adeguarmi a un modello costituito - che considero il vero privilegio tuttora.
Così sono i casi della vita, le coincidenze che sorprendono, dimostrando che la realtà è sempre più creativa della fantasia (perciò aveva ragione Buzzati, che sulla sua macchina per scrivere aveva appiccicato un bigliettino con scritto: "Racconta, non fare il furbo").

P.S. È stato un giorno denso e lieve insieme, una sensazione d'immersione, a metà tra il mare agitato e Gardaland. Qualche breve dettaglio in cronaca: sono arrivato in treno (ecologicamente corretto), ho sorriso molto e cercato di fare un'impressione buona (speriamo), ho voluto esserci all'apertura e restare fino alla chiusura (una sorta di rito di ringraziamento, di iniziazione auto imposta), mangiato da McDonald's (scorrettissimo, eticamente e dieteticamente), chiamato eccezionalmente mia mamma al telefono per rassicurarla che tutto è andato bene (ed è lì che è uscita la vera notizia, anche se poi la data dell'8 ha confuso entrambi, poiché quella esatta sarebbe stata il 10 di gennaio. Però, come pare abbia risposto a un collega scettico l'allora direttore di Repubblica, Ezio Mauro, riguardo una notizia riportata dal suo giornale in prima: "È talmente bella, vuoi anche che sia vera?")


 

domenica 7 gennaio 2024

Lo scarto (Granelli d'opportunità)

“Il viaggio d’una vita non corrisponde a un piano carriera”.
L’ho letto in un libro e lo riporto qui, sentendolo corretto, giusto, vero, in un tempo in cui pretendiamo che tutto - per primi noi stessi - funzioni perfetto, senza incepparsi, un tentennamento, un giro a vuoto, un guasto.
Una perfezione a immagine e somiglianza dell’unico mondo che sappiamo creare e che non ci siamo trovati, un mondo di “macchine” o, per parlar del contemporaneo, di programmi di computer, di algoritmi, catene infinite di simboli numerici che basta un punto o una virgola fuori posto per bloccare tutto.
Nella vita reale accade il contrario: è sempre l’errore, la stortura, il granello nell’ingranaggio che permette un salto in avanti o in alto. Guarda caso chiamiamo con lo stesso nome, “scarto”, sia ciò che ha poco valore e si butta, si elimina, e uno spostamento laterale, brusco, improvviso.
L’errore, lo sbaglio, la debolezza, l’assurdità, la svista, il malinteso, non sono vergogne o sentenze che inchiodano alla croce, bensì limiti da accogliere e possibilmente trasformare, in opportunità.
Un buon motivo per essere esigenti, ma non severi, nei confronti di noi stessi e degli altri.

P.S. Il professor Lombardi Vallauri, all’università, prendeva spunto dall’inglese e insisteva parecchio sul valore del verbo “realizzare”, cioè comprendere pienamente, rendersi esattamente conto.
Momenti così ne abbiamo tutti, il più recente per me è stato scoprire che da che l’essere umano può definirsi tale sono passate ventimila generazioni.
In pratica, ventimila anelli di catena, ventimila padri e nonni uno in fila all’altro, di cui soltanto gli ultimi cinquecento cacciatori o agricoltori, il resto ancora impegnato a restare sugli alberi, a destreggiarsi tra rami e foglie in qualche foresta pluviale a decine di migliaia di chilometri da dove abito adesso.
E io, che domani da qui partirò, alla volta di un'altra città, di una nuova sfida lavorativa, mi sento piccolo piccolo, ma pure sollevato, che per quanto possa essere inadeguato o sbagliare, non ne risentirà l'umanità e men che meno il pianeta.

domenica 31 dicembre 2023

Il seme del bene (Più prezioso Dell'Oro)

Una miriade di semi di bene, quelli che scopro qua e là, grazie alle molte persone che in questo tempo - complice l'imminente partenza da Bergamo - mi dimostrano vicinanza, riconoscenza, affetto.
Una bontà che mi avvolge e a cui spesso replico con imbarazzo, come quei bimbi che diventano rossi e non sanno dove posare lo sguardo. Messaggi inaspettati, parole sussurrate in ascensore, persino abbracci nei corridoi e una festa a sorpresa con pranzo frugale, filmato commemorativo e addirittura un murales composto dalle centinaia di foto polaroid scattate a ciascuno degli ospiti di "Via Novelli", il tutto organizzato dai ragazzi e dalle ragazze di Edoomark. Una grandezza, la loro, che mi fa sentire ancora più piccolo, certo di avere molto dato, non lo nego, ma altresì di aver assai più ricevuto.

P.S. Un altro anno se ne va, pagine spicce consegnate all’archivio, storie a lettere minuscole che interessano una cerchia ristretta, allargata alle persone che negli ultimi dodici mesi ho conosciuto e a coloro che non ci sono più.
L'ultimo - in ordine di tempo - è  un collega che ho stimato. Si chiamava Marco Dell'Oro e, conoscendolo, so che non apprezzerebbe se mi dilungassi o ne tessessi l'elogio. Perciò lo ricordo attraverso uno degli ultimi messaggi che mi ha mandato, prima che d'improvviso, nel maggio scorso, mentre era al lavoro, in una sera simile a tante altre la vita gli scivolasse via, come uno strappo.
"Commosso, ringrazio" mi aveva scritto per ringraziarmi di un saggio di Chesterton, che gli avevo regalato con questa dedica: "Grazie per ciò che fai, quasi sempre sottovoce o addirittura in silenzio...".
Ed è proprio così che se n'é andato, in silenzio, senza alzare la voce, in punta di piedi, come ha sempre vissuto.

sabato 25 novembre 2023

Un fiume più in là (Liscio come l'Oglio)

"Salendo le scale non perdo mai di vista chi le scende, ricordando che potrei essere io".
L'ho scritto dodici anni fa, sempre nel mese di novembre, e lo copio e incollo tale e quale ora, visto che identico è il monito e pure la circostanza di un cambio di lavoro.
Allora lasciavo le sponde del Lario per "sciacquare i panni" in Lambro, attraversando tre anni più tardi la linea dell'Adda, mentre a breve mi spingerò un poco più in là, ancora verso oriente, superando pure il corso dell'Oglio.
Tradotto in spiccioli: dopo esser stato capo redattore ad Espansione Tv, capo cronista a La Provincia di Como, direttore de Il Cittadino di Monza e Brianza, responsabile a Bergamo Tv, dal prossimo gennaio sarò vice direttore del Giornale di Brescia, TeleTutto e Radio Bresciasette, ritornando ad occuparmi di informazione con diffusione su ogni mezzo, nessuno escluso.

P.S. Lo so, in venti righe si può scrivere tutto, stavolta però nemmeno ci provo, tante sono le ragioni, le sensazioni e i sentimenti che accompagnano il voltare d'una pagina, il principio d'un nuovo capitolo.
Mi limito così a segnare qua soltanto qualche spunto che mi piacerebbe approfondire nei giorni che verranno, nel frattempo annotandolo e concatenandolo, ad uncinetto, passo passo.
Passo da Bergamo a Brescia, nell'anno in cui insieme sono state Capitale della Cultura e si sono definite sorelle.
Sorelle è femminile e donna è pure la direttrice che affiancherò e che stimo da lungo tempo, ma con cui non ho mai avuto occasione di lavorare sul serio.
Serio è uno dei principali corsi d'acqua d'una terra a cui resterò sempre legato, sentendomi - lo confesso - profondamente bergamasco, inteso come appartenente a un popolo, avendo avuto lì occupazione e pure alloggio, sentendomi pienamente accolto, considerato.
Considerato che a breve me ne andrò ed ogni retrogusto viscido di piaggeria è mondato, dichiaro un grazie sincero per il gruppo editoriale nel quale ho lavorato negli ultimi quindici anni e che mi ha dato ciò che per me è la moneta più rara e preziosa: la libertà, di parola e pensiero. Non lo scorderò mai.
Mai altresì cesserò di essere riconoscente nei confronti di chi nelle scorse settimane mi ha cercato, voluto, scelto, senza raccomandazioni o appartenenze a gruppi d'interesse, bensì basandosi soltanto sulla capacità di fare il mio lavoro e avere una visione, un'idea su come affrontare le sfide del presente e del futuro.
Futuro è un'orizzonte ampio, tuttavia sarei disonesto se tacessi che non vedo l'ora di iniziare, di mettermi alla prova, soprattutto di tornare a imparare, di pormi al servizio delle numerose persone che sono certo hanno a cuore la loro terra, il nostro mondo e quello che, per i molti che lo fanno con passione, rimane uno dei mestieri più belli del mondo.


sabato 7 ottobre 2023

La parte limpida (Palombari si diventa)

Li ho messi in fila uno ad uno e tengo per ultimo te, ciliegina sulla torta, con i tuoi quindici anni, quasi sedici, e la tua figura asciutta, tutta muscoli e nervi, con tutte le contraddizioni dei tuoi anni e insieme lo stupore di una personalità in divenire, che si forma.
Mi sorprendi spesso, in positivo, per la luce che porti dentro, anche se non mancano le zone d'ombra, luoghi essenzialmente dell'anima, che non danno traccia di sé, ma di cui intuisco l'esistenza, senza volerli approfondire, scandagliare, per non fare come l'acqua che se peschi troppo a fondo il torbido lo trovi, mentre tu meriti di essere considerato e giudicato per la tua immensa parte limpida.
Forse un giorno deciderai tu di essere palombaro, di setacciare il limo sedimentato dalle vicende di vita, ma fino a quel tempo - se mai verrà - il tuo candore avrà il sopravvento nella considerazione della persona che sei e che ha arricchito come lievito la nostra casa.

P.S. Di molto ti sono grato, più di tutto della possibilità che mi dai di far emergere la parte migliore di me, quella più adulta, paterna, così simile a quella del mio, d'un padre. Un misto di concessione di fiducia e  dolcezza, indulgenza, comprensione, che gli ho sempre invidiato e che ora, senza sforzo, ritrovo in me, nei tuoi confronti. "Complicità". Così la avverto, di tanto in tanto, in alcuni piccoli gesti, in cenni più o meno velati d'intesa, che segnalano affinità, oltre che affetto. Anche per questo sono immensamente grato che tu ci sia.