sabato 30 aprile 2022

Vincolo stretto (Aprile, dolce dormire)

Trenta. Trenta giorni esatti, dal primo all’ultimo di questo mese monco, spazio dilatato di un tempo sospeso per assenza di vincolo.
Molte sono le cose che si apprendono per contrasto, compresa la conferma di un sapere antico: la forza di un pensiero è inversamente proporzionale all’urlo, al grido, si coglie nel palpito, nella brezza esile del tramonto, negli infiniti rumori e suoni che avvertiamo quando stiamo in silenzio.
Stare muti non è un disertare, semmai il contrario.
Così se ottobre, per questo blog, è il mese della fecondità, del mettersi in gioco, un post dietro l’altro, aprile sono i giorni della messa a riposo, della festività, riconoscere il primato dell’altro, del distante, del diverso, del lasciare in seconda fila l’ingombro dell’io, contrastare la tentazione di mettere se stessi prima di tutto.

P.S. Un tempo sospeso “per assenza di vincolo”.
Il vincolo è fondamentale, poiché è laccio, gabbia, muro, ma altresì ponte, trampolino, scalino, appiglio.
Senza vincolo la vastità della libertà spiazza l’essere umano.
Non la “libertà da” (dalla schiavitù, dall’oppressione, dal vizio…), bensì la “libertà per”, la “libertà di” (di essere noi stessi davvero, di poter realizzare ciò che desideriamo, di collaborare alla creazione del mondo, di seguire la nostra coscienza, di fare il bene, di aiutare chi ci è vicino…).

venerdì 1 aprile 2022

La tentazione dell’eremita (Siamo antenne)

Sulle colline, tra i prati, un giardino.
Nel giardino una casa, nella casa una mansarda, nella mansarda una stanza, accanto alla stanza un anfratto, uno spazio a elle, quasi un cunicolo, una tana o una tomba, potremmo dire, se non si avesse per ile parole pudore, rispetto.
In quel pertugio nascosto ai più trovo a volte rifugio, senza restare in piedi, tanto è basso, entrando carponi, poi sdraiandomi o stando seduto, appoggiando la schiena al muro, avvertendo i rumori attutiti che dal resto della casa provengono, chiudendo gli occhi, fissando meglio un’idea, un obiettivo, un proposito, un’esame di coscienza, con annesso perdono (sì, perché perdonarsi è importante, è un voler bene agli altri partendo da se stessi, un lasciare gli ormeggi per evitare che alla furia delle onde e del vento le cime si spezzino).
È lì, solo che più solo non si può, estraneo e lontano da tutto, che il cuore comprende la tentazione degli eremiti, mentre la mente la rifiuta, la ricaccia, conoscendo il valore degli altri, sapendo che “io sono” in virtù di ciò che “noi tutti siamo”.

P.S. Siamo antenne. Siamo occhi e orecchie appostate in cima a torri di pietra sul crinale di un monte, pronti a cogliere il messaggio che un fuoco o un suono di corno a distanza di chilometri innescano.
Nulla saremmo se non avessimo questo istinto di comunicare, questo bisogno diventato opportunità sul motore di un desiderio.
Da millenni ci parliamo, esprimiamo, comprendiamo non perché abbiamo gli strumenti adatti, bensì abbiamo scovato gli strumenti - la voce, la lingua, la scrittura, la narrazione, la poesia, l’arte - come risposta alla volontà di farlo.
E oggi, nel giorno in cui cessa lo stato di emergenza, riconosco che nelle settimane di isolamento forzato per il Covid, immerso per gran parte nel silenzio, m'è parso ancor più evidente questo: parlarsi, scriversi, dirsi, tentare di spiegarsi, cercare un confronto è la base per qualsiasi altezza di relazione, per ogni convivenza che voglia progredire trovando serenità, risolvendo il conflitto.