Sono state vacanze più complicate del previsto, un po’ perché si diventa vecchi e resistenti al cambiamento, un po’ perché nulla è dato una volta per tutte: occorre rinnovare continuamente il carisma, attingendo alla profondità del senso originario.
Il nostro, come famiglia, potrei riassumerlo in questo: la bellezza di stare insieme, anche con poco, e la disponibilità all’apertura, ad essere accoglienti, nonostante tutto.
Soltanto così, con questo spirito, quella “insieme” è una vacanza memorabile, di quelle che hai voglia di farne un’altra, il giorno dopo.
Premesso ciò, la ciambella è uscita col buco anche quest’anno, nel senso che al tirare delle somme è stato bello, permettendomi di conoscere meglio chi per parentela mi è vicino, ma non frequento con assiduità, vedendoci una volta a settimana, un paio d’ore, se va liscio.
P.S. La “regola di Capovalle” potremmo chiamarla, quella scritta sopra in neretto, perché trae spunto dalle decine di volte che abbiamo trascorso lì, sopra al lago d’Idro, il mezzo d’agosto. Lo chalet fatto costruire dal signor Bruno aveva tre stanze con due posti letto ciascuna, un cucinino, un locale d’entrata con camino e un bagnetto munito di doccia, che tra un lavaggio e l’altro dovevi aspettare mezz’ora per non farla al freddo. Per mangiare s’apparecchiava fuori, all’aperto, a seconda di dove picchiava il sole, per scansarlo. Non si stava una settimana ma quanti giorni capitava, a seconda dell’anno, dandosi il cambio con l’altra metà dei Noseda, quando arrivavano, e invitando amici o altri parenti a passare, per bere qualcosa o fermarsi una notte, “che tanto Fulvio dorme sul divano”.
Il casale in Toscana, quest’anno, era un incanto, di bagni ne aveva una mezza dozzina, i locali numerosi e le mura ampie, che riparavano dal caldo, in più una piscina ampia, come quelle comunali: lamentarsi sarebbe stato proprio peccato d’irriconoscenza, giusto ammetterlo. Il momento più bello (e anche profondo, di spessore) è rimasto quello conviviale, della cena o del pranzo, quando eravamo tutti attorno a un tavolone e c’era una gran caciara, e chiacchiere, risate, ottimo cibo e vino buono. Ogni volta pareva un film di Ozpetek o qualche scena di Sorrentino. So che un giorno rimpiangeremo tutto questo, per il momento ce lo siamo goduti e non è poco.
Post post scriptum: ringraziare qualcuno sarebbe fuori luogo, perché dovrei citare come minimo Angelo, che ha pagato la location; Giulia che si è sbattuta più di tutti per trovare un posto magnifico; Filippo e Fulvio e Kadir, ottimi dispensieri e cuochi d’un certo livello; Manu e Isabella, per l’ordine e il decoro; Michela e Matteo per quel loro modo di stare “dentro” la vacanza, creando legami pur quando restano in silenzio, con in più le star di quest’anno, Vittoria; Roberta, per aver accettato di far parte di questo lato di famiglia, facendo da tramite anche con la sua; Giorgia e Giovanni, perché ci tengono proprio a che siamo famiglia e non soltanto compagni di viaggio. Allora nomino coloro che quest’anno sono passati a trovarci, destabilizzando la nostra protervia quiete e regalandoci occasioni di crescita, come riesce soltanto al “pellegrino” che bussa alla porta, domandando nient’altro che compagnia e ristoro: Giacomo, Annachiara, Matteo, Silvia, Cristian, Bea ed Alberto. Tutt’insieme, un mondo.
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