Ora mi rivolgo a te, che sei viva e presente, in ogni senso.
Tu, intesa non soltanto come nome proprio che porti e che mi somiglia, bensì alla donna che sei e che siete, tutte, come genere e pure in quanto parte femminile di ciascuno ch’è in noi, maschi inclusi.
La prendo a curva larga, per spiegarmi meglio.
Comincio da un celebre ciclo di lezioni di Baricco, le Palladium Lectures, con l’esempio che portava citando l’arte lirica della Tebaldi, soprano eccelso di metà Novecento, che venne però scalzata dalla Callas, la quale seppe rompere gli schemi, cambiare registro.
Baricco cita anche la bellezza di Kate Moss e la tecnica di Dick Fosbury, quello del salto in alto di schiena, che rivoluzionò l’atletica, introducendo un cambio di paradigma, un ribaltamento del nuovo sul vecchio.
Di mio, dal basso di quel che so, aggiungo il Pascoli. Non quello delle poesie più celebri, l’erede del Carducci e dei suoi versi solenni, bensì quello della sperimentazione, in grado di disintegrare “la forma tradizionale del linguaggio” e sperimentare una poesia immaginifica, fatta di frasi brevi, musicali e suggestive.
Tutto questo per dirti che in un tempo omologato e convenzionale qual è il nostro, appiattito dalle bolle dei social, essere originali senza sentirsi fuori posto è il vero lusso. E combattere la povertà - compresa la peggiore, cioè quella di chi possiede soltanto denaro - può essere una buona missione per dare alla tua vita spessore e senso.
In un mondo di Tebaldi e Carducci, tu sii Callas e Pascoli, senza tentennamento.
P.S. A prescindere da ciò che sceglierai o da quanto il destino deciderà per te, armati non di spada né frecce, semmai di scudo. Che proteggersi e voler bene a se stessi è il primo dovere di chi ha a cuore il bene dell’altro. Un conto infatti è l’espressione sincera, onesta, della propria personalità, considerando la diversità un valore profondo e la tolleranza il collante di tutto, un altro la condanna che ci autoimponiamo affinché tutti vadano d’accordo. Che “accondiscendere” fa già parte del tuo armamentario, un anestetico naturale al conflitto che invece accompagna gli esseri umani quanto un marchio e che di recente - come abbiamo insieme letto - cerchiamo di rimuovere ad ogni costo, sostituendo alla naturalezza dei rapporti un contesto sterile, igienizzato, immune da tutto. Ma “immune” è anche assenza di “munus”, di dono. Ed un mondo povero è proprio quello nel quale, a furia di scartare il negativo, si finisce per stare peggio.
Nessun commento:
Posta un commento