Io so solo che ciò che è vecchio lo resta, mai una volta che abbia indossato un indumento tenuto a lungo nell'armadio senza che sembrasse largo o stretto, piccolo, corto di gamba, lungo di spalle, troppo a zampa, poco sciancrato...
Sono restio a vuotare il tuo armadio del tutto, anche se non ci sei più da un pezzo. Ogni tanto qualche nipote si incuriosisce e mette il naso, pescando una camicia, una giacca o una di quelle tute lucide, di acrilico, che - tranne che indosso a te - ho sempre detestato.
Non siamo stati mai una famiglia di "arbiter elegantiarum", mi hai insegnato con l'esempio a preferire la dignità al lusso, la compostezza al marchio. Anche se non ti interesserebbe nulla, te lo scrivo lo stesso: i calzoni a tubo, stretti di gamba, "a sigaretta", non si possono più vedere, ora i pantaloni sono a campata larga, che la stoffa che prima serviva per tre e ora a malapena basta per uno.
P.S. L'ho tirata lunga, è stato solo un pretesto. Volevo vedessi la foto qui sopra, di due dei tuoi nipoti, di quanto sorridono. Giorgia e Giovanni li hai goduti meno di Giacomo, ma ricordo la brillantezza degli occhi quando te ne sei preso cura, quell'elettricità a bassa tensione che ti percorreva, l'emozione senza teatralità, sperimentata nel profondo. Nelle azioni cerco di imitarti, lasciando loro la cima lunga e lassa che tu hai usato per me, mettendoti mai davanti, sempre accanto. Nelle intenzioni invece sono tentato ogni giorno di accorciar loro le strade, di eliminare ogni inciampo. Proietto su essi un’aspettativa egoistica: vorrei fossero felici tanto e subito, così non da non aver preoccupazioni e campare sereno. Credo sia umano. Forse però è anche uno dei mali del nostro tempo, questo iper protezionismo che dimostriamo, prediligendo la sicurezza a scapito della libertà, preferendo la tranquillità al vento di tramontana che l’incertezza sempre comporta.
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