martedì 23 agosto 2022

Al riparo del vento (L'ansia contro)

Ti chiedo scusa. Vi chiedo scusa, anzi, a tutti e quattro, per essermi troppo spesso conformato al sentire corrente, al pensiero unico del risultato, della prestazione, del merito scolastico, dicendo a parole “Non mi importa del voto”, lasciando in realtà che quel numero, quella cifra, quella valutazione costituissero la pietra miliare, l'unità di misura, la linea di demarcazione tra bene e male, buono e cattivo, giusto e sbagliato.
Non ce l’ho con chi insegna e giudica: fa il suo lavoro.
Ce l’ho con me, che ho delegato a un parametro altrui ciò che compete a me, al genitore che sono, faticando a staccarmi dall’ambizione dell’eccellenza, spacciando il desiderio mio per bene vostro.
Piuttosto, invece, avrei dovuto valutarvi su un piano diverso, lasciando che la scuola avesse la sua dignità, la sua autonomia, la sua importanza, senza metterci becco, e istituendo a compendio una pagella per le materie che a me, come padre, interessano.
Hai usato il cellulare o la Playstation?
Sette e mezzo.
Hai visto almeno due ore di serie tv al giorno?
Sette.
Sei uscita/o almeno quattro sere a settimana e hai chiacchierato facendo le ore piccole con le amiche o gli amici?
Dieci e lode.
Hai trascorso delle ore senza fare nulla di che, semplicemente “perdendo tempo”?
Otto (se poi lo hai fatto in garage, maneggiando cacciaviti e chiavi inglesi, o tra gli scaffali colmi di libri, leggendo anche soltanto i titoli, senza sceglierne uno, o ancora nell'orto, anche soltanto a staccare dalla pianta le more o un pomodoro: un altro bel dieci, pieno).
Poiché la scuola, il lavoro, il successo, il benessere sono importanti, tanto.
Ma la vita, specialmente quella “di relazione”, nel suo insieme, lo è di più.

P.S. Nulla, naturalmente, mi importa più di voi, del vostro avvenire, e so che niente, ma proprio niente, conta più dello studio e del lavoro, così come tutto, ma proprio tutto, si ottiene facendo fatica, con il sudore della fronte, mettendoci sacrificio, tenacia, perseveranza, talento, impegno.
Queste verità, tuttavia, non necessitano di parole: spero di dimostrarvele tuttora, ogni giorno, con l’esempio.
Se ho scritto ciò che ho scritto non è per desiderio di smentire l'ovvio o il gusto di provocare, bensì poiché ho la sensazione di vivere un tempo in cui sempre più aumenta l'ansia, la sensazione di non essere all'altezza, di non riuscire a stare al passo, con l'angoscia che prende il posto della spensieratezza, della gioia, dell'entusiasmo.
Un vento che soffia violento, specialmente nelle pianure del benessere materiale, dove le incombenze per la semplice sopravvivenza non fanno inciampo ma neppure riparo.

giovedì 18 agosto 2022

A mani vuote (Il dono senza sfide)

“Busso alla tua porta, a mani vuote, tue e mie.
Mie, considerato che poco o nulla ho da offrirti, se non la mia presenza, un bocciolo d’amicizia con i petali chiusi e il gambo esile della simpatia istintiva, non temprata da prove.
Tue, poiché nulla mi aspetto in cambio, zero pretendo, niente architetto, se non il farmi ‘da specchio’, l’essermi da ispirazione e destinatario di una busta della quale sono mittente”.
Queste parole avrei dovuto scriverti, le molte volte in cui mi sei comparso di fronte, nelle foto in cui sorridevi e provavo un sentimento di vicinanza, di affinità, pur senza conoscerti.
Non l’ho fatto, lasciando che sulla bilancia delle intenzioni il pudore pesasse più dell’audacia, che l’educazione alla riservatezza facesse premio sul sentimento della condivisione, che la possibile congettura di un tornaconto cancellasse il valore della gratitudine.
Ed ora che non posso più farlo, a mani vuote resto davvero, imparando però una lezione: quando il cuore suggerisce, la testa non si metta sempre di mezzo. Meglio di un solo rimpianto, infatti, mille rimorsi.

P.S. Torno sulla “maledizione del misurare”, non per ostinazione, bensì con desiderio di completezza, rilevando come il conteggio, il computo puntuale, metta limite a ciò che confine non dovrebbe avere.
Scrive Umberto Galimberti: “Accettiamo il dono con una sottile insinuazione di sfida: il dono va ricambiato. Bisogna donare, accettare, restituire. Se poi il dono oltrepassa la qualità della relazione, cioè è più grande di quanto non sia la sostanza della relazione, subito ci allarmiamo, o ci mettiamo in una condizione di sospetto. In ogni dono c’è comunque una sfida simbolica”.
È vero, ma soltanto se il criterio è il calcolo, il misurare, e siccome il misurare, il calcolare, è diventato per l’essere umano prassi, normalità, quasi quanto il respirare, difficilmente usciamo da questa logica, gustando il dono per ciò che è, che dovrebbe essere: testimone di gratuità, biglietto di sola andata, concessione unilaterale che prevede un ritorno di riconoscenza, non necessariamente il ricambiare.
Siamo talmente abituati a non ricevere nulla senza dover pensare a ciò che si aspetta l’altro o a cosa dobbiamo dare in cambio noi, che pure i gesti più semplici, quali il saluto, una parola garbata, un messaggio gentile, un gesto cortese, inducono diffidenza, sentore di equivoco, maligna insinuazione.

lunedì 15 agosto 2022

Il dito e la luna (La maledizione del misurare)

Ti ho ascoltato, ho cercato di ascoltarti, come riesco, come posso, con tutti i limiti che mi porto appresso, compreso quello che mi rende così umano e mi spinge a “misurare tutto”.
Sei sempre accanto a me, pur se ti nomino di rado e ancor meno rivelo che ti penso, che mi manchi, che specialmente oggi avrò un vuoto dentro, poiché è una delle feste a cui non saresti mancato e mi parrà tuttora di vederti, a capotavola, mentre sorridi e versi il vino.
Dei molti che erano seduti, troppi mancano all’appello, tu però sei il più giovane, colui che non ha seguito la logica del tempo, che è stato strappato con uno scarto del destino.
Ti ho ascoltato, dicevo, cercando di godere questa vita più di quanto mi verrebbe spontaneo, concentrato come sono a costruire senza badare che un giorno, spesso senza preavviso, crolla tutto.
Ho programmato più vacanze, sono stato meno orso, ho sperimentato modi nuovi di viaggio, non ho avuto braccio corto e, quando mi veniva la tentazione di ritrarlo, mi sono tornate in mente le tue parole, ma prima ancora il tuo sguardo, l’espressione del tuo viso, esattamente un anno fa, quando senza fronzoli hai confidato quanto sciocchi siamo a rinunciare alle esperienze belle per pigrizia, per risparmio.
Ho cercato di fare la mia parte insomma, come ho visto fare a chi ti era ancora più vicino, per dimostrare che in noi, in tutti noi, sei vivo e che il tuo lasciarci così presto non è stato vano.

P.S. “Misurare” è abilità che può essere dono e maledizione al tempo stesso, una delle derive a cui come esseri umani tendiamo e che ci rende così diversi dalle creature che intendiamo divine, per le quali il tratto caratteristico è esattamente il contrario, cioè l’estrema abbondanza, il senza confini, il donare continuo, straripante, in eccesso.
“Misurare ogni cosa” è tentazione continua, una tendenza innata, pure negli spiriti più liberi.
Sconfiggerla, eliminarla, estirparla completamente è arduo, però se ne può avere consapevolezza, accorgersene, giungendo a mitigarla, tenendola a bada, impedendo che diventi idolo, ricordando che nessuno è tanto ricco come colei o colui ch’è veramente povero, cioè non aggrappato al materiale, disposto a rinunciarvi, in parte o del tutto.