sabato 26 febbraio 2022

Sette verbi (Per tempi grami)

Non è mai semplice, nulla si riduce a bianco o nero, buono o cattivo, nonostante la tentazione di estremizzare tutto, di rendere commestibile la complessità usando gli schemi, le categorie che conosciamo.
Perciò, figlia mia, rimango muto quando mi chiedi cosa sta succedendo, come mai altri venti di guerra soffiano, perché uomini e donne soffrono, le nazioni litigano.
Soltanto questo posso dirti, che la realtà è come quelle bambole russe, che dentro ognuna ce n'è un'altra.
Diffida allora. Diffida di chi incarna in una sola persona un male assoluto, il nemico.
Ricorda. Ricorda che gli interessi contrapposti sono numerosi e vari, complessa sempre è la realtà, come una matassa, un grumo aggrovigliato di filo.
Comprendi. Comprendi le ragioni, soprattutto quelle di chi ha torto.
Distingui. Distingui gli errori involontari dalla scelta di cattive azioni per principio.
Rifiuta. Rifiuta le dinamiche della forza, del dominio, del denaro, dell’orgoglio.
Difendi. Difendi, tra i due contendenti, sempre e comunque il più debole, il più povero, quanti ci vanno di mezzo, schiacciati da meccanismi e movimenti assai più grandi di loro.
E scegli. Scegli la pace, ogni giorno, cominciando da te stessa, da chi ti è vicino, nelle azioni grandi e piccole tue e non soltanto quelle altrui, puntando il dito.

P.S. Sette. Se li conti, sono sette i verbi che ho scritto. Sette azioni, a cui aggiungo una preghiera, una raccomandazione, un invito: non farti cadere le braccia, né prendere dallo sconforto, nonostante le notizie che arrivano ora su ora, minuto per minuto. L'albero che cade fa infatti rumore, ma è pur sempre eccezione, niente in paragone con la foresta silenziosa che cresce pacifica, accogliente, inesorabile, da che mondo è mondo.

domenica 20 febbraio 2022

Storie di Marinella (Vicini di vita)

Questa di Marinella è la storia vera. Doppia. Perché Marinella è la signora che abitava alle porte di Como ed è stata trovata morta, seduta al tavolo della cucina, senza che nessuno in oltre due anni si interessasse o insistesse nel suonare alla porta. Una vicenda straziante, che giustamente, comprensibilmente, interroga tutti sui pericoli del menefreghismo, dell’indifferenza, di una comunità che smette di essere tale per eccesso di privacy, di riservatezza.
Ma Marinella si chiama anche mia zia, che abita anch’essa da sola a una manciata di chilometri dalla prima, ottant’anni compiuti da poco, con dei vicini, Attilio e sua moglie Dina, che quando la mattina vedono le tapparelle abbassate, sapendo che solitamente si alza all’alba, la chiamano al telefono per chiedere: “Tutto bene Marinella?”.
Ora, tra le due Marinella, a parte il nome, in comune c’è poco o nulla. A cominciare dal fatto che mia zia ha comunque due figli e quattro nipoti che pur non abitando nella stessa casa sono presenti ogni giorno, non le fanno mancare nulla, oltre a vivere in un quartiere in cui tutti si conoscono da una vita.
Se scrivo di queste due vicende, portandole a paragone, è per un motivo semplice.
Due, anzi.
Primo: per evitare che si faccia di tutta l’erba un fascio, abboccando alla trappola del pessimismo cosmico (quello di William Golding, per chi conoscesse un po’ di letteratura, e del suo “Il signore delle mosche”, romanzo straordinario, ma che qualcuno pretende ancora di spacciare per trattato sociologico, smentito dai fatti, prima ancora che dagli studi, come spiega mirabilmente lo storico Rutger Bregman).
Secondo: per invitare chiunque, me per primo, ad essere come Attilio e Dina, a non farci soltanto gli affari nostri, a distinguere l’impicciarsi pettegolo dall’attenzione verso l’altro, il curiosare fine a se stesso dal prendersi cura.

P.S. “Sei sempre al telefono!” brontolo spesso con mia mamma, un anno maggiore della zia Marinella, fingendo di prenderla in giro, in realtà a volte seccato veramente per quel suo chiacchierare per minuti e minuti di fila, che per la legge di Murphy coincidono quasi sempre con le volte in cui rientro da Bergamo e passo a trovarla.
Lo ammetto pubblicamente: sono proprio un pirla.
Per fortuna alla reazione istintiva viene in soccorso la ragione.
Una telefonata infatti non allungherà la vita, come recitava una vecchia pubblicità, certo però la rende meno sola, più... viva.

sabato 5 febbraio 2022

Un passo avanti (Chiudere il cerchio)

Ho imparato a lasciare la presa molto tempo fa, dovrei farlo ancora, con te, anche se non sono pronto.
Non lo si è mai.
Faccio così, inverto la direzione, per lasciarti sì, ma non indietro, bensì avanti, sempre un passo, dove riesco a scorgerti, quasi a sfiorarti, a toccare con mano l'essenza che sei, ciò che rappresenti per me, per noi.
La tristezza - lo sai, l'hai provata - è un drappo greve, che tutto ammanta e persino soffoca se si orienta la mente al centro dell'abisso, sentendo sulla pelle, nelle viscere, la presenza del nulla, l'assenza di un dopo.
Scaccio con le mani il pensiero, come insetto fastidioso, punto i piedi saldi al suolo, chiudo gli occhi e vedo dove sei, dove ti ho lasciato, guardando insieme la fotografia che i nostri figli l'altra sera hanno scattato, ritrovandosi insieme, continuando una tradizione che ci precede e che ha reso anche noi felici, quando è stato il momento.
Sono loro la consolazione e il senso, il motivo per cui ti vedo innanzi a me e non da solo. Come mai soli siamo noi, finché tu sarai ago e il bene che ci vogliamo il filo.

P.S. Oggi è il compleanno dì Giorgia, il regalo più bello l’hai fatto tu, con la lettera che hai lasciato, a lei, a noi, alla nostra famiglia "allargata".
La conserviamo preziosa.
Nella tua saggia essenzialità hai saputo cogliere il meglio di ciò che siamo, l'unica eredità che vorrei i nostri figli portassero in dote, patrimonio e testimonianza di un dono inestimabile, infinito, che non c'entra nulla col denaro e rende ricchi, ricchissimi, con poco, vivendo quella dimensione di accoglienza, di ospitalità, di convivialità che "ha contribuito a conoscerci, a valutare i nostri pregi e difetti, a cementare gli affetti, a conoscere persone nuove, a confrontarci e a volte scontrarci su vari temi, ma senza serbare rancori di sorta, ha sempre prevalso il sorriso. Quel sorriso che contagia il cuore di fiducia e vedo nelle foto dei ragazzi, quando si ritrovano".
Vedi. L’ho detto, eri avanti. Hai scorto prima ciò che poi si è realizzato.