mercoledì 29 ottobre 2014

Il gioco (guardare il dritto delle cose, pensando a rovescio)

Foto by Leonora
C'è sempre un altro lato della medaglia e spesso è quello che brilla di più. Basta accorgersene.
In questi giorni che richiamano al letargo mi diverto a pensare a rovescio, ribaltando il giudizio sulle situazioni, cominciando da quelle in apparenza negative, ma che non sempre lo sono. Almeno non in tutto e per tutto.
Qualche esempio pratico, per spiegarmi meglio.
  • Per andare al lavoro impiego, quando tutto va liscio, un'ora e un quarto (ho un sacco di tempo per pensare, ascoltare buona musica o i discorsi d'attualità, alla radio).
  • Vedo poco mia moglie e i miei figli (li apprezzo di più, quando sono a casa, ed essendoci poco mi sforzo di essere più comprensivo, meno nervoso).
  • Quel tale progetto doveva già essere ultimato e invece siamo in alto mare (possiamo modificarlo in modo che sia al passo con i tempi, correggendo gli errori che invece avremmo fatto se fosse partito in anticipo).
  • Trattare con figli adolescenti non è facile (costretto da loro imparo un nuovo equilibrio).
  • Non so se sono all'altezza e adatto al mio nuovo ruolo (mi sto conoscendo meglio, mi si è svelato un uomo che affronta le proprie fragilità e che trova risorse che non immaginava di avere).
  • Il futuro pare sempre più incerto (però non è qualcosa che mi viene banalmente incontro e che l'unica scelta consiste nello scansarlo o meno, invece posso costruirlo, plasmarlo a mio piacimento).
  • Mio padre non c'è più (ho scoperto di essere padre a mia volta, un uomo, adulto, e non più un figlio, e poi di lui ho sedimentato il ricordo, trasformando in dolce l'amaro, smussando gli spigoli e valorizzando le lezioni più belle che mi ha lasciato).
  • Ogni tanto avverto qualche acciacco, specie quando corro (proprio correndo ho imparato a conoscere il mio corpo, a riconoscere la fatica "buona", a gestire i fastidi, sapendo che possono essere subdoli ma che prima o poi passano).
  • Leggo meno libri (sono sempre tanti e poi li scelgo meglio e quelli buoni li faccio decantare con calma, come assoporando del vino).
Se mi sforzo sono certo di trovare altri esempi, anche meno banali, tuttavia mi pare di essere stato chiaro: il problema non è ciò che ci accade, bensì come lo affrontiamo. Un atteggiamento positivo fa la differenza, in meglio.
P.S. Ho scritto che mi diverto a pensare a rovescio, ma spesso è una forma di sopravvivenza, sul serio.

lunedì 27 ottobre 2014

È severamente proibito (un Paese per dire e mai del fare)

Foto by Leonora
"Dovete rispettare le regole". L'appello odierno è del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, a commento di un fatto di cronaca, la morte di un'anziana, travolta sulle strisce da un ciclista.
Ora, al netto delle ovvietà (le regole si rispettano, le persone non si investono), mi domando quanto è adeguata la risposta tipicamente italiana a qualsiasi problema, cioè la "normizzazione", la riduzione a normativa, legge, regolamento, di qualsiasi fenomeno. Un eccesso di vincoli alimentato da una burocrazia sempre più cervellotica e invasiva, a fronte di un rispetto mai così incerto o poco condiviso.
Fatico a risalire al momento esatto in cui questo spicchio di mondo è diventato così o alle cause che l'hanno originato, ma le radici sono antiche, se già Montanelli sosteneva che l'Italia è quel Paese nel quale non c'è cittadino che posto di fronte a un regolamento reagisce immediamente studiando come esso possa essere ignorato o al limite aggirato.
E se si trattasse di legittima difesa?
In Olanda mi ha sorpreso l'assenza di mille vincoli (per restare allo spunto iniziale, Amsterdam è l'unica città europea - eccetto Napoli - in cui ho visto circolare motociclisti senza casco. Non solo. Occupavano tranquillamente le piste ciclabili ed evidentemente era consentito). Eppure le cose funzionavano.
Qui invece abbiamo inventato i rafforzativi di legge (parlare con il conducente del bus o calpestare le aiuole è proibito "severamente", mentre non mi risulta un "blandamente proibito" o un "proibito così così") scordando l'unica regola semplice e basilare: il buon senso.

sabato 25 ottobre 2014

Cielo grigio giù (e gli amici che lo dipingono)

Foto by Leonora
Certe settimane nascono così, storte. Altre invece sembrano dritte come un fuso, salvo poi accartocciarsi su se stesse, diluendo i colori in un grigio torvo, spento.
Questa, per dire, aveva tutto per essere blu, a specchio del cielo, invece è spuntata una vena malinconica, di quelle che c'è il sole fuori ma piove dentro.
Avendo un carattere positivo non ci faccio troppo caso, sapendo che l'orizzonte dello sconforto è limitato, in più ho la fortuna di avere una famiglia che non mi chiede di essere sempre al cento per cento e amici che mi aiutano anche quando non lo sanno, senza incalzarmi, in mille modi, a turno.
Potrei elencare cento nomi e le maniere in cui di volta in volta mi tendono la mano, scintille di serenità che non scacciano il buio, ma impediscono che diventi profondo, nero. Mi limito a un grazie per coloro che l'hanno fatto negli ultimi tre giorni.
Ringrazio Paola (Farina), che mi ha mandato un messaggio per farmi sapere che ci terrebbero a riprendere i collegamenti con me, in radio, come accadeva quando dirigevo il Cittadino.
Ringrazio Giuseppe (Guin), che ha trovato la sua strada nel mondo e a differenza mia, improvvisatore nato, insegna l'importanza di essere meticoloso, realizzando la massima dei produttori americani secondo cui nulla appare più spontaneo di ciò che è preparato.
Ringrazio le novantasei persone che ieri sera sono venute per ascoltare Guin. Molte di loro l'hanno fatto per amicizia, perché erano state invitate personalmente ed era un modo per dirmi "Io ci sono".
Ringrazio Isabella (Dominioni), che si sente sempre inadeguata, invece è tale e quale al lievito, colei che ara la pigrizia, getta semi e coltiva un campo che rischierebbe di restare abbandonato. Sua è stata l'idea della serata di ieri e soprattutto suoi gli inviti a cui la gente ha risposto.
Ringrazio David (Chinello), che giovedì mi ha fatto partecipare a una giornata di formazione con relatori visionari. Una scorta di sapere che durerà tutto l'inverno.
Ringrazio Francesca (Vella), a cui sono bastate due righe asciutte per farmi partecipe di una felicità, la sua, per i quattro giorni che sta trascorrendo a Istanbul, con i figli e il marito.
Ringrazio Klaus (Wagenbach), storico editore tedesco e autore di un libretto - "La libertà dell'editore. Discorsi, memorie, stoccate" - che mi ha sorpreso, stuzzicato e tenuto compagnia la sera tardi, impedendo il sonno del depresso.
Ringrazio Giorgio (Gandola), che mercoledì, in una giornata di vento e cielo terso, mi ha portato in un posto con una vista incantevole, a Bergamo, e ogni volta, sorridendo, riesce a farmi riflettere. Ad esempio sulla differenza tra l'eccellenza dell'eclettico, che fa molte cose bene, e la mediocrità del generico, che fa di tutto ma male. E' arduo che io possa appartenere alla prima categoria, ma la seconda posso evitarla senz'altro, standoci attento.

lunedì 20 ottobre 2014

Ballando sotto la pioggia (pensieri privati a voce alta)

Foto by Leonora
Vorrei dire a Giacomo che nulla mette al riparo dalle delusioni e ha ragione Gandhi: "La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia".
Vorrei dire a Giovanni che anche sbagliasse mille volte, mille volte lo perdonerò e che gli regalerò un cane perché, come sosteneva Schopenhauer, "chi non ha mai posseduto un cane non sa cosa significhi essere amato".
Vorrei dire a Giorgia che Schopenhauer non la racconta tutta e che un cane è importante ma non sostituisce la presenza di un amico, un fratello, un papà, una mamma.
Vorrei dire a Isabella che ciò che lei giudica debolezza in realtà è una forza e nessuno pretende che lei ne sappia più degli altri, semmai sono le sue qualità - la semplicità, la disponibilità, la gentilezza... - che fanno, in meglio, la differenza.
Vorrei dire a mia madre che la ascolto anche quando non parla e so leggere il suo volto come fosse carta stampata.
Vorrei dire ai miei amici di infanzia che rivederli di tanto in tanto e contare sulla loro vicinanza vale più di una super vincita.
Vorrei dire alle persone che ho conosciuto attraverso Internet che penso a loro assai più spesso di quanto appaia e le considero amiche a tutti gli effetti, non figli di un dio minore.
Vorrei dire a chi la pensa diversamente da me a proposito di lavoro, politica, svaghi, scuola e vita, che avere idee differenti è una ricchezza, a patto però di non voler imporre la propria.
Vorrei dire a chi ci amministra di smetterla di nascondersi oltre il velo della burocrazia, sarebbe ora di concentrare gli sforzi per semplificare le cose, eliminando molte regole e facendo rispettare quelle che rimangono.
Vorrei dire scusa a tutti coloro che leggono questo blog e che da oltre un mese non vi trovano nulla. Non sono stato assente per banale pigrizia, bensì perché scrivere è come mietere e per mietere, se non ci si chiama George Simenon o Alexandre Dumas, occorre lasciare il tempo che il seme cresca.
Vorrei dire, l'ho detto.