lunedì 27 ottobre 2014

È severamente proibito (un Paese per dire e mai del fare)

Foto by Leonora
"Dovete rispettare le regole". L'appello odierno è del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, a commento di un fatto di cronaca, la morte di un'anziana, travolta sulle strisce da un ciclista.
Ora, al netto delle ovvietà (le regole si rispettano, le persone non si investono), mi domando quanto è adeguata la risposta tipicamente italiana a qualsiasi problema, cioè la "normizzazione", la riduzione a normativa, legge, regolamento, di qualsiasi fenomeno. Un eccesso di vincoli alimentato da una burocrazia sempre più cervellotica e invasiva, a fronte di un rispetto mai così incerto o poco condiviso.
Fatico a risalire al momento esatto in cui questo spicchio di mondo è diventato così o alle cause che l'hanno originato, ma le radici sono antiche, se già Montanelli sosteneva che l'Italia è quel Paese nel quale non c'è cittadino che posto di fronte a un regolamento reagisce immediamente studiando come esso possa essere ignorato o al limite aggirato.
E se si trattasse di legittima difesa?
In Olanda mi ha sorpreso l'assenza di mille vincoli (per restare allo spunto iniziale, Amsterdam è l'unica città europea - eccetto Napoli - in cui ho visto circolare motociclisti senza casco. Non solo. Occupavano tranquillamente le piste ciclabili ed evidentemente era consentito). Eppure le cose funzionavano.
Qui invece abbiamo inventato i rafforzativi di legge (parlare con il conducente del bus o calpestare le aiuole è proibito "severamente", mentre non mi risulta un "blandamente proibito" o un "proibito così così") scordando l'unica regola semplice e basilare: il buon senso.

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