venerdì 15 gennaio 2021

Il cielo d'Irlanda (Buon vento)

Ci siamo abbracciati così, di sfuggita, di fronte alla porte chiuse di una parentesi aperta, l'aeroporto che ti ha portato via.
Sei partito all'alba, destinazione Irlanda, per qualche mese, scegliendo un lavoro che non c'entra nulla con la tua recente laurea, ma che mi rende fiero di te, perché mestieri di manovalanza hanno dato terra alle radici della famiglia di cui sei fronda e, in futuro, quando magari seguirai percorsi diversi, saprai sulla tua pelle cosa significa l'umiltà di una mansione, il sudore che si accompagna al pane e come gira il mondo quando si nuota nella parte meno a galla.
Nella tasca del giaccone ho la busta che mi hai lasciato in mano, dopo esserci salutati, aggiungendo soltanto: "Questa è per te e per la mamma".
Credo che la diga si sia sgretolata lì, nell'istante esatto in cui mi sono voltato per tornare alla macchina.
Un groppo in gola che non era timore né tristezza. Resti un ragazzo fortunato, con un paracadute ampio sulle spalle, per cui anche una sola lacrima versata avrebbe il sapore del melodramma.
Se mi sono commosso, piuttosto, è poiché nel tuo andare ho avvertito il senso di un distacco, di ogni distacco, del destino di qualsiasi essere umano che, a dispetto di tutto, resta sempre e soltanto una linea retta.
Non voglio però essere greve. Ogni nube si è dissolta velocemente e ora che le vele sono spiegate l'unico desiderio è che tu abbia buon vento, consapevole che, per quanti porti ti attendono, qui avrai sempre casa.

P.S. No, non l'ho letta. Ce l'ho ancora nel giaccone, quella lettera. Sono curioso per mestiere e per natura, ma non è indirizzata soltanto a me, per cui saprò aspettare, almeno fino stasera.

domenica 10 gennaio 2021

Un medico, un uomo (I dottori sono bravi se indovinano)

Un salto in lungo, a scavallare l'anno, dalla vigilia di Natale fino ad oggi, che è un giorno speciale, quello in cui tredici anni fa se ne andava mio padre, anche se "andarsene" non è verbo adatto, poiché lo sento accanto a me, ogni momento.
Per uno dei riccioli che ricamano le coincidenze trasformandole in destino, poche ore fa, ieri, è morto Giovanni Sassi, che di mio padre era coetaneo, oltre che medico.
I dottori, si sa, sono bravi se indovinano, e lui con mio padre aveva azzeccato tutto: la prima diagnosi della malattia, l'aspettativa rassicurante di vita dopo il primo tumore, la preoccupazione per il secondo, risultato fatale cinque anni dopo.
Ecco perché alla simpatia personale aggiungo la stima per il professionista che è stato, con i pazienti di poche parole e ieratico, salvo rivelarsi colto, curioso e addirittura civettuolo per certe sue passioni, conosciute soltanto dai famigliari e dagli amici più intimi, con i quali restava asciutto, ma altrettanto sagace, pronto di spirito.
Figlio a sua volta del medico condotto (Roberto) e fratello di un altro storico dottore di famiglia (Ulisse), "Giannetto" ha vissuto l'epopea dei miracoli della tecnica, con l'evoluzione vertiginosa della scienza applicata al campo sanitario, senza però abbandonare il fondamento filosofico e quelle pratiche millenarie che hanno permesso agli uomini di prendersi cura dei loro simili, ascoltando, auscultando, tastando, osservando.
Fino a quando è andato in pensione sono stato suo paziente io stesso e non dimenticherò mai l'odore del suo studio, la concisione garbata delle sue visite, la disponibilità ventiquattr'ore su ventiquattro.
Avevo immaginato per lui una vecchiaia serena, nella sua bella casa in stile inglese al centro del paese, seduto su una sedia a dondolo, sotto un albero, in giardino.
Il destino ha voluto diversamente e voglio ostinarmi a pensare che sia giusto così, anche se per chi gli voleva bene è impossibile crederlo, desiderando di averlo accanto ancora un ventennio. Il Covid ha accelerato tutto, rendendo abisso il solco che un male peggiore aveva già scavato e che lo avrebbe fatto deragliare pian piano, impedendogli di continuare il mestiere che non ha mai smesso e di essere ciò che è sempre stato: un medico, un uomo.

P.S. Al figlio Riccardo, di cui sono amico, ma anche agli altri figli, Maria e Roberto, così come ai molti nipoti e soprattutto alla moglie Camilla va il mio abbraccio. Immagino quanto sarà arduo questo tempo, però so che anche loro, come capita a me con mio padre, passato il turbine del dolore lo sentiranno ancora accanto, ogni momento.