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E no, caro Massimo, in questo ha ragione il tuo amico Giorgio Gandola, quando in quattro e quattr'otto, l'altro giorno, tornando proprio da Torino e uscendo proprio dal tuo ufficio, dopo un'ora di chiacchierata che mi aveva visto spettatore unico e privilegiato di una rimpatriata, mi ha smontato tutto il pathos, convertendomi a un'unica ragione: "Viva la Germania". E sì, perché i tedeschi saranno pure flessibili quanto un palo di ghisa e si portano sulle spalle il fardello di autogol nella storia ben peggiori di quelli su un prato verde, in scarpette con i tacchetti e divisa, però tutti i torti non ce li hanno. Se nella minuscola Kos ci sono tanti insegnanti scolastici quanti in metà della Vestfalia, se il metalmeccanico di Osnabrück deve fare gli straordinari per pagare i debiti delle decine di guardiapesca di Santorini, allora capirete che un po' le scatole gli girano.
Questi, lo so, sono ragionamenti terra terra, lontani mille miglia dalle complessità dell'economia e dalle curve morbide della politica, però lì voglio che restino le morbitezze della politica e le complessità dell'economia: lontane mille miglia. Ecco perché stasera, il mio cuore starà dalla parte della Grecia sul campo da calcio, ma nella vita - in questa vita - tutta la mia solidarietà va alla Germania. E non vale soltanto per l'Ellade ilustre, ma anche per buona parte della nostra Italia. Se un Comune di diecimila abitanti in Sicilia continuerà a contare centocinquanta dipendenti a fronte dei trenta che hanno i Comuni di pari dimensione sopra la cintola romana, se le migliaia di guardie forestali della regione Calabria non diventaranno un peso intollerabile per la nostra coscienza di popolo, oltre che della cassa pubblica, allora il disastro non sarà soltanto annunciato, ma pure inevitabile. E ora fatemi pensare in pace alla partita, senza implicazioni sociali. Più che Jesse Owens che vince i cento metri alle Olimpiadi di Berlino sono gli occhi di Hitler, qui è la partita di calcio di Mediterraneo, il film di Salvatores: di "una faccia, una razza" almeno per oggi ne ho piena l'anima.
P.S. L'ora trascorsa con Gramellini e Gandola, martedì, è stata una goduria: come stare seduto in prima fila a un privatissimo spettacolo teatrale sugli ultimi vent'anni di giornalismo, cronaca, costume, spettacolo, politica.
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