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Un gioco che parte da una premessa. Questa.
Guardare le persone. L'ho fatto spesso in queste settimane, osservandole a volte attentamente, altre di sfuggita, in modo vago, superficiale, sempre tuttavia con la speranza di un lampo, un'intuizione. Guardare, interessarmi a chi incrocia le mie strade non per un voyerismo appiccicoso o per soddisfare una curiosità istintiva che pur non nego, bensì con un obiettivo preciso, uno scopo particolare: comprenderne la pecularietà, quel talento che le rende a loro volta speciali, eccezionali, uniche.
Un vezzo che mi porto appresso da parecchio (credo dalla prima volta in cui sono incespicato nella frase di Einstein: "Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido") ma che negli ultimi mesi ha assunto contorni più precisi, diventando un proposito.
Ciò che conta però non è la confessione di un passatempo, bensì la consapevolezza che davvero ciascuno di noi porta con sé un'originalità, una dote che talvolta è manifesta e si esplica poi nella professione, nelle passioni coltivate, nelle qualità riconosciute, sovente invece rimane latente, inespressa, persino incompresa da chi la possiede.
Facciamo un gioco allora. Prendiamo a riferimento una o due persone (compagni, compagne, figli, figlie, padri, madri, zii, amici, amiche, parenti, serpenti, colleghi, colleghe, collegati, scollegati, chi volete voi insomma) e proviamo a capire e a rendere esplicito soprattutto qual è il loro tratto saliente, quella caratteristica che li distingue e che in loro ammirate.
E se trovate il coraggio poi ditelo loro e se non lo trovate, quel coraggio, trovatelo, fate in modo di trovarlo, di far sapere ciò che di positivo vedete, constatate, deducete, intuite.
Siate per un giorno gli Sherlock Holmes del vostro prossimo, il commissario Maigret di chi vi sta accanto, il dottor House dei talenti altrui, senza scordare di trovare un briciolo di tempo - se non l'avete mai fatto - per riflettere su qual è il vostro, di talento, e fare due più due, valutando se esso è centrale oppure defilato, marginale, accessorio nella vita che state conducendo.
P.S. "Giorgio, sei indolente ed irritante quanto un tir che sorpassa un altro tir in autostrada". D'accordo, potete dirmelo.
Oggi tuttavia è il compleanno di Giulia, mia nipote, e allora vorrei cominciare da lei, scrivendole che ho molta stima per la sua ostinazione quieta, per quella dolcezza naturale che non mette a disagio gli altri, per l'assenza assoluta di ostentazione della bellezza esteriore che madre natura (e anche madre Manuela e papà Fulvio) le ha donato, soprattutto per quella capacità di mettersi in ascolto senza mai interrompere, senza mettere ansia, per quella discrezione che trasforma il silenzio in una lavagna su cui disegnare, un ponte che collega e non in un vuoto che separa, divide.