sabato 26 aprile 2025

Giovanni e i suoi fratelli (Fare luce)

Debbo a te e ai tuoi fratelli e ai tuoi molti amici ciò che mi distingue e fa da antidoto alla vecchiaia: saper guardare al futuro con fiducia.
Sei il terzo dei miei figli, quello cresciuto al riparo e con poca pressione, poiché osservato meno e perciò in grado di sorprendere sempre. Il complimento più bello e più vero credo te lo abbia fatto Giacomo, constatando una verità lapalissiana: quando entri in un posto, illumini la stanza.
È successo pure l'altra mattina, di buon ora, nell'aula dove hai concluso il tuo triennio universitario, laureandoti in scienze dei beni culturali, raggiungendo con la tesi un punteggio da cifra tonda.
Io però ti ammiro anche per altro.
Innanzi tutto, la perseveranza. La tenacia paziente, carsica, con cui ti applichi in ciò che ti interessa. Poi la capacità di relazionarti, di coltivare amicizie di lunga durata, di non eccedere. Non ti è mai mancato nulla, eppure sono certo tu abbia attraversato il dolore, la sofferenza, magari a strappi, a lampi, dai quali è scaturita e s'è intessuta per reazione una trama spessa di empatia.
Quando eri piccolo avevo il timore potessi crescere debole, condizionabile. Mi sono reso conto presto che si trattava d'una paura falsa. Ora di preoccupazioni ne ho meno - la dose fisiologica di ogni genitore adulto, credo - per cui posso permettermi una raccomandazione blanda, affinché tu sappia che già così sei per noi, per tutti, moltissimo, non devi dimostrare nulla. Goditi il tuo tempo dunque, a pieni polmoni, senza ansia, senza fretta.

P.S. Hai scelto un titolo di tesi ambizioso, non di nicchia. Ne riporto qua le parole con cui l'hai presentata.
«Buongiorno a tutte e tutti, la tesi che ho portato oggi si intitola: "Società multiculturale, identità e cittadinanza: un'analisi comparata tra la Roma repubblicana e l'Italia attuale".
L'idea di questo lavoro è nata da una convinzione che ho sempre avuto: la storia serve a capire il presente. Tante delle sfide che viviamo oggi - come il rapporto con la diversità, l'integrazione, il riconoscimento dell'identità e dei diritti - non sono sicuramente nuove. Al contrario, sono temi che le società hanno già affrontato in altre epoche, in forme diverse.
Ma la motivazione è anche personale. Sei anni fa infatti la mia famiglia ha accolta in affidamento mio fratello Kadir. Lui è nato in Italia, da madre moldava e padre marocchino, e parla italiano come me, vive da sempre qui, eppure non è cittadino italiano. Questo paradosso mi ha colpito profondamente.
Questi due punti di partenza hanno dato luogo ad alcune domande: cosa significa davvero essere cittadini e cittadine? Su quali basi si costruisce oggi l'appartenenza a una comunità?
Da lì la volontà di approfondire questi concetti: identità, cultura, cittadinanza, confrontando due società diverse ma entrambe multiculturali: la Roma repubblicana e l'Italia di oggi.
Ho scelto di utilizzare un approccio comparativo, ma sempre facendo attenzione a non cercare somiglianze forzate. Ho cercato invece di cogliere elementi ricorrenti, riflettendo su come due contesti molto diversi abbiano affrontato problemi simili: l'integrazione dei "nuovi arrivati", l'accesso ai diritti, la definizione di chi può far parte della comunità politica.
Nella prima parte della tesi, ho definito i concetti fondamentali di cultura, identità e cittadinanza. Ho fatto riferimento a studiosi come Geertz, Tylor, Bauman, Stuart Hall, Amartya Sen e Habermas. Questo mi ha permesso di costruire una base teorica utile per leggere entrambi i contesti.
La parte centrale è dedicata alla Roma repubblicana, vista non soltanto come potenza militare, ma come società profondamente multiculturale. Ho analizzato la concessione della cittadinanza, gli status intermedi, e soprattutto il dibattito sulla romanizzazione. Ho messo a confronto visioni diverse: da quella più critica di Mouritsen, che la interpreta come un processo di assimilazione forzata, a quella più dinamica di Traina e Cecconi, che parlano di "métissage" culturale e mediazione.
Infine, nella parte conclusiva, ho guardato all'Italia di oggi: un paese sempre più eterogeneo, in cui la normativa sulla cittadinanza resta legata a principi come lo ius sanguinis, che esclude chi, pur vivendo e crescendo in Italia, non ha ancora pieno riconoscimento. In questa parte ho anche individuato alcuni parallelismi, come la cittadinanza per meriti o per matrimonio, già presente in età romana.
Nella conclusione, ho cercato di mettere in luce come la cittadinanza, al al la del suo aspetto giuridico, rappresenti anche un elemento chiave nella costruzione dell'appartenenza.
In chiusura, se guardiamo al confronto tra Roma e Italia di oggi, credo si possano cogliere due spunti principali.
Il primo è che un'integrazione efficace non può essere rigida, ma deve sapersi adattare alle differenze e ai contesti. Roma, pur con tutti i suoi limiti, seppe creare un sistema flessibile, fatto di status intermedi, alleanze e percorsi graduali verso la cittadinanza.
Il secondo è che i cambiamenti profondi non avvengono da un giorno all'altro, ma richiedono tempo, equilibrio e pragmatismo. La storia romana mostra che è possibile includere nuovi soggetti senza stravolgere l'identità collettiva, ma anzi, arricchendola.
L'Italia di oggi è un contesto completamente diverso, ma affronta sfide che, in forme diverse, sono già state vissute. Non si tratta di imitare il passato, ma di trarne ispirazione: per costruire una cittadinanza più aperta, consapevole, e capace di tenere insieme differenze e coesione. Spero che questo lavoro possa offrire uno sguardo storico utile per riflettere sul presente e magari contribuire, nel suo piccolo, a una visione più consapevole e aperta, inclusiva, della nostra società».

sabato 5 aprile 2025

Ciò che conta (A portata di mano)

Nulla è mai veramente perduto e confidare nel meglio è una fede che in tempi di notizie grame (guerre che si ampliano, borse che crollano, minacce a cui minacce fanno eco) aiuta a restare saldi, non farsi prendere dallo sconforto.
Così, mentre i potenti della terra gonfiano il petto, resto affascinato dall’immagine della mano di un bimbo, prodigio della natura e meraviglia dell’universo.
Per afferrare ciò che conta veramente non occorre forza o artiglio, bastano quelle dita minute, innocenti, definite nel dettaglio. È scritto che nei piccoli è racchiuso il segreto del mondo: vedendo quella foto mi pare proprio vero.

P.S. Benvenuto a Guido Maria, figlio della mia amica Melania e di Giuliano, a cui quel capolavoro di mani appartengono. Ci sono popoli che per migliaia di generazioni hanno aspettato un messia, altri che tuttora lo attendono, io mi limito a sperare che anche a queste latitudini torni un tempo nel quale non misurare con il bilancino tutto ed essere generosi, fecondi di cuore e di lombi, aperti all’alba di vita e non concentrati soltanto sul tramonto.