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Non c'era tristezza esteriore, solo un vuoto, dentro, specie per coloro che con lui hanno condiviso molto. Un sentimento che non ha bisogno di essere ostentato, limpido come l'acqua nelle brocche che da quelle parti sempre mettono sul tavolo. E' stato lì, seduto su una panca con il bicchiere in mano, mentre tutti gli altri chiacchieravano, che ho pensato due cose. Primo: che la grandezza delle persone è direttamente proporzionale alla loro semplicità. Secondo: che Fausto porta frutto anche da morto.
La conferma è arrivata un paio d'ore dopo, in una chiesetta tanto gelata che hanno lasciato spalancate le porte perché da fuori entrasse un po' di caldo. "Oratorio" si chiama ed era pieno. Saremo stati più di un centinaio, compresa la moglie di Fausto, i compagni del Cai, oltre che i colleghi di lavoro e don Arnaldo, che ha celebrato alla buona, col cuore in mano. C'era un sacco di gente, qualche volto noto, moltissimi gli sconosciuti, ma un unico spirito fraterno. A pranzo non mi sono fermato, ma tornando mi sentivo lieve, rassicurato.
Non tutto è comprensibile a questo mondo, ma spesso mi conforta proprio ciò che non capisco.
Foto by Leonora
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