giovedì 13 settembre 2012

I loro sedici anni e il padre impreparato

Foto by Leonora
''Le risate, le litigate, le partite a carte, a muro, a schiaccia 7, la pizza alle 11 di sera, gli abbracci, le corse in bicicletta al piazzale della chiesa quando pioveva, le partite a biliardo, a bowling, le foto, le sfide a 4 player, i condomini che ci minacciavano di chiamare i carabinieri perché facevamo casino .. Bè, anche quest’estate è finita, è passata così in fretta, forse perché siamo stati davvero bene insieme, non posso far altro che ringraziarvi, dal primo all’ultimo. Grazie di tutto, grazie per quest’estate stupenda. Vi voglio bene!''.
Sulla bacheca di Facebook di Giacomo, mio figlio maggiore, leggo questo messaggio di Ilaria agli amici e in un istante torno io stesso ragazzino, con i miei sedici anni senza vuoto a rendere, il corpo allungato di botto, i capelli con il gel, le serate passate sul piazzale davanti all'oratorio, la bicicletta per spostarsi, le chiacchierate infinite con Angelo, Raffaele, Brunella, Giovanna, Paolino... Che bei tempi.
Non ne ho nostalgia perché ho vissuto quelle stagioni intensamente, immerso come nel blu profondo. Semmai guardo alla generazione che ho davanti, a mio figlio appunto, ai miei ragazzi che crescono e penso al fatto che non ero, che non sono pronto. Non so come mai, ma nessuno mi ha messo in guardia su questo periodo di passaggio dal bambino all'uomo adulto, su quel camminare in equilibrio che chiamiamo adolescenza e che scombussola tutto quanto attorno. Quando ero piccolo sì, mi dicevano che l'adolescenza era un periodo frizzante, incerto, ma non quanto peggiore fosse affrontarla da genitore, quando l'adolescente desideroso d'indipendenza non sei tu, bensì colui o colei che fino a qualche mese prima pendeva dalle tue labbra ed era con te un tutt'uno. Forse non me l'ha detto nessuno, più probabilmente sono stato distratto io, che ho archiviato la mia, d'una adolescenza, senza appunto tener conto che sarebbe stato più arduo affrontarla dall'altra parte del muro, da genitore a stretto contatto con il vulcano. Se chiudo gli occhi vedo chiaramente che ero preparato a quanto mi sarebbe toccato avendo un neonato, con pappe, seggioloni, asilo, pupazzetti, carrozzine, passeggino, e un figlio piccolo, con i primi calci a un pallone, il grembiule del primo giorno di scuola, i cartoni animati alla tv, non invece un ragazzo alto come te e che fa i suoi primi passi nel mondo.
Per fortuna, pur con tutta la prudenza del caso, mi sono capitati in sorte ragazzi desiderosi di crescere e di costruirsi una propria personalità ponendo dei paletti ma senza cercare ogni volta il conflitto. Scrivo "per fortuna" perché posso permettermi di essere un padre di buona volontà anche se niente affatto preparato.

1 commento:

Wilma ha detto...

Che enorme fatica! E quale meraviglioso mistero! Anch'io, come te, non avevo mai pensato prima a come sarebbe stato difficile far parte dell'altro schieramento. Ma non mollo, nonostante il senso d'impotenza, la mancanza di ricette e l'amore che, inevitabilmente, confonde e mina la coerenza.