Foto by Leonora |
Da un paio di mesi ho ritrovato parte di quella serenità che avevo perso, smarrita correndo alla rinfusa, senza una coda e soprattutto un capo. Se ci ripenso, mi pare che fosse proprio quello il tarlo fastidioso, oltre che il più greve fardello.
Il momento catartico, sul lavoro, è senza dubbio la mattinata in piazza del giovedì. Quattro ore accanto al camper del Cittadino e di Mbtv, al gelo, spesso con la pioggia, a stringere mani e chiacchierare con chi passa dall'Arengario e dare retta ai lettori, quelli fedeli ed entusiasti, che ogni volta ritornano, e quelli più distratti, talvolta brontoloni, ma alla fine sempre cortesi e capaci di suscitare un sorriso.
Ieri, nell'ultimo degli appuntamenti prima di Natale, mentre camminavo sotto l'acqua e vedevo il camper da lontano pensavo: "Se il mio fosse solo un lavoro non sarei qui", non saremmo stati lì, né io né Massimo (il responsabile della pubblicità) e neppure Angelo, il redattore più anziano e che non è mai mancato
"Lavorare per la gloria" capita di sentir dire, quasi sempre con accezione negativa ("Non sono qua a lavorare per la gloria"). Per la gloria no, però neanche per un che di materiale soltanto.
C'è qualcosa di più importante dei soldi (fondamentali ma non essenziali), del prestigio, della posizione sociale. C'è una radice di valore da cui attingo linfa, che deve essere la stessa per la quale mi emoziono ancora quando leggo la mia firma in pagina, o un articolo ben scritto, una storia raccontata al meglio. Non è neppure vanità, che esiste però non sarebbe un motore così potente da trasformarsi in energia rinnovata e rinnovabile, ogni giorno. Potrei dire che è il gusto di far bene il proprio mestiere, di sentirsi in qualche modo utile, ma mi pare riduttivo anche questo. Credo sia una somma di più fattori, una miscela che ciascuno calibra a suo modo, che fa da motivazione all'impegno e che alla fine si traduce con l'andare a letto soddisfatto, la sera, e svegliarmi dopottutto con il sorriso, al mattino.
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