mercoledì 13 agosto 2014

L'ultimo patriarca

http://www.storylab.it/n/foto/1340/il-paese/
Foto by Leonora
Gino suona il piano con una delicatezza tutta sua, di mani temprate e consunte in ottant'anni e passa di vita trascorsa su un binario andata e ritorno famiglia officina. Gli amici intorno cantano, la figlia che compie gli anni tiene il ritmo, sorridono i nipoti, divertiti e ammirati da quel nonno di cui intuiscono gli spigoli ma assaggiando soltanto la parte tenera. Lo guardo e penso che il cielo gli è stato generoso nella vecchiaia quanto gramo dalla culla fin quando ha indossato i calzoni lunghi, togliendosi dalla miseria da sé, come naufrago che si aggrappa ai marosi, con braccia robuste e testa aguzza. Una pienezza che si misura dal frutto di abbondanza che porta e non può essere soltanto equivalenza di fortuna.
Al capo opposto del salone trovo la risposta, incrociando gli occhi che vigilano da sessant'anni su Gino, quelli della moglie Ernestina, il lievito giusto per trasformare quell'uomo dalla forza di fiera nell'architrave di una bella famiglia, facendogli da contrappeso in grazia, buon gusto, cultura. Al netto dei difetti individuali e di ogni giorno che ha la sua pena vedo in loro il buono che c'è nell'essere coppia, nel dare il meglio all'altro senza togliergli l'essenza.
"Non avevamo niente ma non ci pesava lavorare - mi dice Gino in dialetto - mentre adesso non ci manca nulla e rischiamo di buttare via tutto, perché lo vogliamo senza fare fatica".
Già. Di mio aggiungo che nel cammino abbiamo perso di vista la meta, l'obiettivo da raggiungere, o meglio, ci siamo accorti che un obiettivo non basta più, perché l'essere umano è fatto così, conosce la felicità soltanto a istanti e sazio non lo è mai, i beni materiali sono effimeri quando si mettono sul piatto della bilancia e l'unità di misura è la contentezza, la pienezza di vita.
Gino appartiene a una generazione nata povera ma con la pista segnata: bastava seguirla per arrivare soddisfatti a sera. La bicicletta, poi la moto, la macchina, le vacanze al mare o in montagna, un pezzo di giardino, la casa, una volta ogni tanto il ristorante, la pizzeria... A noi è spettata in dote l'abbondanza, con ora la paura boia di perderla e l'incapacità di trovare un'alternativa ideale, prima ancora che economica, per non sentirci dei falliti, per andare a dormire con un sogno in testa oltre che con la pancia piena. Siamo la società della conservazione, della resa, che non a caso ha valore di parola doppia: è ciò che rende e pure rinuncia alla lotta, bandiera bianca che sventola.
Gino non si è arreso, mai, ultimo dei patriarchi anche per figura. Il ricordo tra qualche anno renderà ancora più lievi le ombre e lascerà un solco distinto, preciso, pulito, rendendo vero uno dei passi in apparenza più strambi e più scomodi di Matteo, quello secondo cui "a chi ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha". Chi pensa che questa non sia giustizia è un ingenuo. O non ha imparato nulla dallo scorrere della vita.

Nessun commento: