Venti righe. Indro Montanelli sosteneva che in venti righe si può raccontare tutto. Bastano tre parole invece per spiegare le ragioni di questo blog: comunicare, in libertà. Per il resto, vale per me ciò che scrisse Jorge Luis Borges, "I miei limiti personali e la mia curiosità lasciano qui la loro testimonianza".
sabato 14 aprile 2018
Eravamo quattro(mila) amici al bar
Baglioni e i suoi occhi scuri sono diventati grandi insieme e negli ultimi dieci anni mano nella mano si sono accompagnati pure i social network e questo blog.
Un bar. Così Pierluca Santoro descrive Facebook. Un bar, un luogo dove passare spesso o raramente o di tanto in tanto, per incontrare gente, per dire la propria, per sapere cosa pensano gli altri, come vanno le cose, quali gli argomenti più discussi.
In quel bar mi sono trovato bene e per anni ho accettato che diventasse più grande, con un'ampia cerchia di amici (conoscenti, sarebbe la definizione corretta), andando d'accordo con alcuni e limitandomi a osservare gli altri, proprio come in un bar, dove attorno al tuo tavolo sono pochi, molti quelli che sbirci e ogni tanto incappi in qualcuno di nuovo o scambi due parole, mentre ti alzi per andare al banco e ordinare un'altra bibita.
Un paio di mesi fa, per la prima volta, ho cambiato registro e accompagnato idealmente alla porta del "mio" bar chi non sopporto più, comprese persone che conosco di persona e di cui mi ritengo amico ma che lì - in quella bolla che molti si ostinano a ritenere vita ma rimane sempre e fondamentalmente un bar - mi risultano fastidiose come mosche nella minestra.
Breve elenco.
I negativi. Gli odiatori. Coloro a cui non va mai bene niente. I detentori della verità assoluta. Chi tifa contro (in maniera seriale, senza usare leggerezza e ironia). Quelli che hanno la puzza sotto il naso. I saccenti. I diffusori di falsità, bassezza, violenza.
Prima li tolleravo, adesso li cancello, talvolta con amarezza, altre con soddisfazione, come quando ci si libera da una zecca.
Alcuni, rarissimi, invece li conservo, pur appartenendo a una o addirittura a più delle categorie indicate qui sopra. Lo faccio non per masochismo, bensì per ricordare che il pensiero unico è comunque pericoloso, che l'omologazione è rischiosa e per continuare ad indurre, però in dosi omeopatiche, un moto di reazione, di indignazione, di ribellione alla stupidità umana.
P.S. Perché come mi ripete spesso Paolo Ferrari: "A dire sì siamo capaci tutti, ma sono i no che fanno crescere, perché marcano una differenza e costringono a un cambio di rotta".
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