Segno un punto oggi, nel giorno più particolare del quadriennio, un ventinove febbraio che non c'era l'anno scorso e neppure ci sarà il prossimo.
Scrivo meno, è vero, vivo di più, in ogni ambito. Spesso accade che "custodisca" più che rendere pubblico ciò che penso. Di certo mi ritrovo più fatalista, meno teso a plasmare il destino, che tanto il destino decide sempre da sé il letto in cui coricarsi, evitando con scrupolo lenzuola e materasso che gli abbiamo preparato.
Sono silente, ma non per questo meno vicino alle persone che in questo tempo hanno un peso greve, intenso.
Chi è ricoverato con questo virus che ha paralizzato tutto, ad esempio. A uno di loro sono particolarmente affezionato, perché mi ha preso in simpatia fin da quando l'ho conosciuto e mi sento un po' parte della sua famiglia, pur se di persona ci incontriamo di rado.
Oppure a una delle persone a cui voglio più bene, a colui a cui avrei affidato i miei figli, se mi fosse capitato qualcosa di brutto. Qualcosa di brutto, anche se non di così brutto, è capitato a lui e sono mesi che stiamo in apprensione, con il conforto del suo spirito, della sua capacità di reagire, di superare ogni ostacolo.
O infine a una delle donne più sensibili che conosca, che ha perso il padre d'improvviso, talmente d'improvviso che essendo lontano da casa l'ho saputo giorni dopo, senza potere essere di conforto, figuriamoci da aiuto, e da giorni penso e ripenso a come rimediare, a come farle capire che le sono vicino.
Per loro, per tutti loro, e anche per me, per noi, questo mese con il riporto di uno non è passato senza danno. Eppure la vita va avanti e andare avanti è l'unico modo per non viverla invano.
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