Entrare in doccia, a casa mia, è un'impresa. Dentro infatti c'è un leone. E un ippopotamo, un delfino, un'orca, una tigre, uno stegosauro, un triceratopo e almeno dieci, anzi dodici gormiti. Sono i giochi di Giovanni (sei anni), che prima portava avanti e indietro dalla sua camera e adesso lascia direttamente lì, ben in posa o alla rinfusa, pronti per il giorno dopo. Fino a qualche tempo fa, ogni volta li raccoglievo, ma ora non più, badando a non schiacciarli mentre m'insapono e risciacquo. Da un paio di settimane fanno parte dell'arredamento del bagno della zona notte e nessuno più ci fa caso, tanto che non mi sono stupito, poco fa, entrando in quello del piano inferiore e osservando che anche la vasca è presidiata da una lunga serie di animali, dalle misure più svariate e dai colori sgargianti, messi disciplinatamente in fila, quasi fossero in parata. Lo scrivo qui, come al solito, a futura memoria. Che Giovanni ricordi, un giorno, la pazienza dei suoi genitori nel sopportare, tra uno shampoo e l'altro, di avere tra i piedi un piccolo zoo di plastica.
Cambio argomento, per dire che l'altro giorno, martedì, un paio di ladri hanno divelto i serramenti e rotto un vetro nel tentativo di rubare. Furto andato male, poiché ero in casa e mi sono accorto di ciò che stava avvenendo. Non lo scrivo per il fatto in sé, bensì per la notizia che ne è stata riportata sul giornale dove lavoro. Ho sorriso per il tono usato: era tutto preciso e corretto, ma sembrava il resoconto di Aldo, Giovanni e Giacomo quando interpretano i ticinesi Gervasutti, Rezzonico e Huber: il protagonista però ero io. Isabella invece di ridere ha avuto (bonariamente) da ridire, sostenendo che tutto le pareva un po' esagerato per un tentato furto, anche se ha ammesso che la storia dei ladri messi in fuga dal padrone di casa non era male. Ad ogni modo, volevo annotare qui ciò che ho detto a lei, cioè che il giornale è ciò che ci dà il pane e che non posso lamentarmi quando qualcuno cerca di evitare la pubblicazione di notizie e poi fare io di tutto per impedirlo allorché l'interessato sono io. Questione di coerenza, diciamo. C'è dell'altro. L'anno scorso, quando i ladri riuscirono ad entrare e a razziare tutto, le denunce di colpi identici nei paesi del circondario furono decine. Dire, parlare, descrivere chi sono i ladri, come si vestono, che auto hanno, che tecniche usano, è un modo per mettere in guardia, per invitare a prestare attenzione, per evitare che episodi simili si ripetano. Visto che le forze dell'ordine latitano (quando è stata presentata ai Carabinieri la denuncia, non hanno voluto annotare il colore e il modello dell'auto, né com'erano d'aspetto e vestiti, poiché - come hanno risposto - "tanto poi si cambiano") la vigilanza, l'attenzione personale e di vicinato è l'unico modo per difendersi, senza reagire, bensì prevenendo. E c'è un terzo motivo: i ladri erano italiani e, per una volta che si sa, volevo fosse chiaro, onde evitare - com'è regolarmente successo - che saputo del tentato furto, arrivassero i commenti sui "soliti rumeni" o i "clandestini pericolosi perché non hanno nulla da perdere".
Photo by Leonora
Cambio argomento, per dire che l'altro giorno, martedì, un paio di ladri hanno divelto i serramenti e rotto un vetro nel tentativo di rubare. Furto andato male, poiché ero in casa e mi sono accorto di ciò che stava avvenendo. Non lo scrivo per il fatto in sé, bensì per la notizia che ne è stata riportata sul giornale dove lavoro. Ho sorriso per il tono usato: era tutto preciso e corretto, ma sembrava il resoconto di Aldo, Giovanni e Giacomo quando interpretano i ticinesi Gervasutti, Rezzonico e Huber: il protagonista però ero io. Isabella invece di ridere ha avuto (bonariamente) da ridire, sostenendo che tutto le pareva un po' esagerato per un tentato furto, anche se ha ammesso che la storia dei ladri messi in fuga dal padrone di casa non era male. Ad ogni modo, volevo annotare qui ciò che ho detto a lei, cioè che il giornale è ciò che ci dà il pane e che non posso lamentarmi quando qualcuno cerca di evitare la pubblicazione di notizie e poi fare io di tutto per impedirlo allorché l'interessato sono io. Questione di coerenza, diciamo. C'è dell'altro. L'anno scorso, quando i ladri riuscirono ad entrare e a razziare tutto, le denunce di colpi identici nei paesi del circondario furono decine. Dire, parlare, descrivere chi sono i ladri, come si vestono, che auto hanno, che tecniche usano, è un modo per mettere in guardia, per invitare a prestare attenzione, per evitare che episodi simili si ripetano. Visto che le forze dell'ordine latitano (quando è stata presentata ai Carabinieri la denuncia, non hanno voluto annotare il colore e il modello dell'auto, né com'erano d'aspetto e vestiti, poiché - come hanno risposto - "tanto poi si cambiano") la vigilanza, l'attenzione personale e di vicinato è l'unico modo per difendersi, senza reagire, bensì prevenendo. E c'è un terzo motivo: i ladri erano italiani e, per una volta che si sa, volevo fosse chiaro, onde evitare - com'è regolarmente successo - che saputo del tentato furto, arrivassero i commenti sui "soliti rumeni" o i "clandestini pericolosi perché non hanno nulla da perdere".
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