venerdì 3 luglio 2009

Paese che vai (con un post scriptum)


Oggi ho avuto un pranzo piacevole, con Luigi e con Serena, due persone che portano appresso sorriso e speranza. Abbiamo parlato del nostro paese e dell'impegno che ci è richiesto, pur se personalmente è forte la tentazione di badare agli affari miei, di non interessarmi oltre la soglia del mio cancello. Per fortuna ci sono loro a ricordarmi il significato della comunità, il valore del farne parte, la generosità con cui si ricambia la buona sorte di non essere un'isola. C'è un'altra cosa che mi hanno raccontato e che mi ha rattristato: l'irrisione al confine con l'insulto che al primo consiglio comunale molti dei cittadini intervenuti hanno riservato all'ex sindaco, Emilio Botta. Io Emilio l'ho votato e lo considero un amico, oltre a un uomo vero. Con i suoi limiti, con un carattere appassionato e schietto, non esente da testardaggini, ma d'una onestà adamantina. Non ho dubbi nel sostenere che ha fatto più l'amministrazione guidata da lui che tutte insieme quelle che hanno governato il mio paese negli ultimi trent'anni. Alle ultime elezioni è stato battuto da Rocco Palamara, che da macchietta di Lurate Caccivio n'è diventato primo cittadino: non senza meriti, ma con molte lacune. Nonostante ciò, non ritenendomi democratico soltanto a parole, auguro a Palamara di essere un buon sindaco. Da parte mia vigilerò e mi piacerebbe farlo in compagnia delle persone che stimo. A questo proposito Luigi ha un'idea: fondare un'associazione, riflettere su quale paese sarà il nostro tra dieci anni, mettere a disposizione idee e sensibilità a chiunque voglia coglierle, non distinguendo tra maggioranza e opposizione. Ne parleremo a settembre.
P.S. I lettori fissi di questo blog sono diventati sedici. So che le persone che passano di qui sono assai più numerose, pur se non ho mai voluto contarle. Ho sempre pensato che a queste note come messaggi nella bottiglia, affidate alle correnti del mare e non frutto di un progetto pianificato. Noto che sono apprezzati anche i post più intimi, personali, mentre non mi sorprende che ad essere commentati siano quelli sulla politica o sullo sport. Quello precedente a questo, sul calcio, l'ho scritto proprio per averne una riprova: non mi ero sbagliato e non lo considero uno scandalo: dopo tutto se in molti si appassionano e sentono il bisogno di riportare la propria opinione sarebbe sciocco, oltre che snob, fare i difficili e avere la puzza sotto il naso. Qualcuno (credo Frenz, ma non ne sono certo) mi ha detto che in Irlanda è considerata una maleducazione parlare a tavola di politica, di religione, di sport e di donne. Mi domando: ma quanto noiosi devono essere in pranzi e le cene in Irlanda?
Foto by Leonora

4 commenti:

toto ha detto...

confermo circa le bizzarre usanze britanniche.

Ero in Inghilterra per lavoro, e la sera dopo cena eravamo tutti seduti davanti ad una o più pinte al pub. Eravamo un gruppo di dieci persone da tutta Europa e tutti giovani scienziati o aspiranti tali. Dopo qualche minuto, quando la birra ha rotto il ghiaccio, abbiamo cominciato a parlare più liberamente ed io ho apertamente dichiarato quanto stupido fosse il nostro governo italiano a dare così poco peso alla ricerca.

La discussione si stava animando, quando l'unico British del gruppo ha detto perentorio se non potevamo cambiare discorso, perché questo era decisamente impolite.

In conclusione siamo finiti a parlare delle varie usanze natalizie (era il mese d'agosto...)

Paese che vai...

Wilma ha detto...

La tua statistica è alquanto bizzarra! :-) Ti leggo sempre, ma sto preparando un'esame e non riesco a scrivere commenti. Banale ma vero.

Frenz ha detto...

Appunto: l'usanza irlandese era a tavola non è da signori parlare di politica, religione e soldi (inteso il proprio C/C o il proprio stipendio) se ad un Irish gli togli pure donne e sport (calcio e rugby) credo che Temple Bar cali nel silenzio... ;)

LUCA ha detto...

Articolo che pubblichi, lettore che trovi