mercoledì 12 maggio 2010

La voce dentro


A ciò che ho scritto ieri, vorrei aggiungere poche righe, una postilla. Perché è dalla notte che ci penso ed è come se una voce insistente mi avesse fatto compagnia tutto il giorno, chiedendomi di allargare il pensiero per coloro che la mamma non ce l'hanno più o è malata al punto tale da riconoscere poco o nulla di ciò che accade attorno. Non conosco lo squarcio che si crea quando il cordone ombelicale è tagliato del tutto, anche se forse del tutto non è tagliato mai ed è per questo che si soffre un dolore tanto profondo. Non ho parole di consolazione e, dico la verità, ho esitato a lungo, cominciando questo post e rinunciando altrettante volte, nel timore di procurare soltanto altra sofferenza e spargere sale su ferite aperte. Ho pensato a Federica, che la mamma l'ha persa da poco, o Isabella, che sono passati quasi vent'anni eppure so, quando sento le sue lacrime nel letto, che ci pensa ancora, che le manca, che darebbe la sua stessa vita per poter tornare indietro, per guardarla negli occhi, tenerle ancora la mano. E ho pensato a Sabrina e a Raffaele e a Sonia, che non l'hanno persa del tutto, ma per malattia e destino beffardo conoscono un'altra persona rispetto a colei che li ha messi al mondo ed è un cruccio maggiore, perché brucia più uno strappo d'un taglio netto.

Se ho cambiato idea, se ho deciso di dare retta alla voce che avevo dentro, è perché - anche se non ci credo - a volte bisogna dare una possibilità di farsi sentire alle persone che non sono più a questo mondo. Portano un messaggio. E non so se l'ho capito bene, ma questa volta credo fosse dedicato a chi la mamma ce l'ha ancora e consistesse in questo: godetevela, non lasciate che il giorno scorra invano, gustate il dono del presente, senza aspettare che rimanga solo il ricordo o che, per parlarvi, dobbiate aspettare che un uomo distratto - che per giunta non ci crede - ascolti la voce di chi non c'è più e che dice di non disperare, che ci sarà ancora un'occasione d'incontro e insieme un tempo.

Foto by Lyonora

2 commenti:

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

Comprendo bene, poichè ciascun figlio vive e condivide quella perenne e profonda nostalgia che, spesso improvvisa, attanaglia nei momenti più disparati il cuore.
Sai Giorgio..."comoinpoesia" è nata anche e soprattutto ripensando proprio a quella "voce" che nasce e vive nel profondo del cuore di ogni figlio.
Se non è più presente, a condividere le mie piccole cose - una volta, era davvero l'unica ad interessarsene.
E sì, lo confesso: ogni tanto, io penso davvero che in qualche misterioso modo, lei possa esserne partecipe
: ))

Wilma ha detto...

Siamo figli per sempre, caro Giorgio. I bambini in affidamento familiare, di cui mi occupo, stanno un pò meglio solo quando, dalla famiglia affidataria, sentono arrivare l'accettazione per la loro mamma: sgangherata, assente, maltrattante, ma pur sempre la loro mamma. E'' come se la famiglia che si prende ora cura di loro gli dicesse, in quel modo:"Mi piaci tutto...", perchè la nostra identità è strettamente collegata a quel cordone. Baci.