sabato 4 febbraio 2012

Il tempo vuoto

La consapevolezza di me. Credo sia questo il frutto di tanti pomeriggi passati da solo, da bambino, annoiandomi fino a provare un disagio fisico, a girare attorno alla casa, occhi a terra, un passo dopo l'altro, guardando le lucertole senza il coraggio di prenderle in mano (Alberto sì, ci riusciva, anche se era più piccolo di me, curioso quanto un entomologo e infatti era espertissimo anche di insetti, specialmente del cervo volante, anch'esso tenuto dal sottoscritto a debita distanza).
Il peggio era d'estate, prima che potessi andare all'oratorio feriale, dove ora vanno anche i bimbi piccoli, mentre negli anni Settanta come minimo di anni ne dovevi aver compiuti otto. Io ne avevo sette e conoscevo pochi o nessuno, abitavo dove sto ora, di case qua non ce n'erano e tutt'attorno soltanto prati, un filare di alberi di gelso e qualcuno di noce, dove si appendeva una corda e si giocava a Tarzan, ma qualche anno dopo. Prima invece il tempo pareva infinito. Lo ricordo ora, che guardo Giovanni "pirlare" da un divano all'altro, con il telecomando in mano. I programmi in tv adesso sono centinaia, mentre quando avevo la sua età ce n'era uno, il Nazionale. Due, se si conta la Svizzera, ma fino alle cinque lo schermo era un monoscopio con sibilo incorporato. Poi iniziava la tv dei ragazzi, al di qua del confine con i documentari sugli animali domestici, al di là con il Gatto Arturo, di cui ho già parlato e che di questo blog rimane il mio post di gran lunga più letto.
Tutta sta tiritera per dire che quella noia insostenibile è stata in realtà assai feconda. Oltre ad obbligarmi ad usare il cervello e a cercare amici ad ogni costo, mi ha dato ciò di cui ho scritto all'inizio, la consapevolezza di me, la realizzazione di essere un essere umano, io, proprio io, soltanto io, unico e specialissimo nell'universo.
Per fortuna Giovanni, anche con cento canali tv, i videogiochi e una schiera di pupazzi e pupazzetti da far impallidire Mangiafuoco, riesce ad annoiarsi lo stesso. Lo vedo dal suo girovagare irrequieto, dagli sbuffi, dal suo tampinarmi per combinare qualcosa insieme. "Da solo mi stanco" mi ha detto poco fa e io ho sorriso: sta diventando grande e un giorno rimpiangerà questo tempo vuoto.

Foto by Leonora

2 commenti:

valentina orsucci ha detto...

A me invece la noia, soprattutto quella estiva, mi ha portato solo noia.
Mi avevi raccontato di persona questo tuo pensiero, che mi ha fatto riflettere molto. Ma per quanto mi sforzi di vederla diversamente, a me la noia infantile mi ha proprio lasciato solo noia :)

Wilma ha detto...

Quante volte ho ripensato alla noia infantile! Mi stupisce sentire che, anche per te, ha lo stesso mio significato. Sono stata ore, nei pomeriggi estivi, a far incrociare gli specchi interni dell'armadio della camera della nonna affinchè la mia immagine si rispecchiasse all'infinito; erano, quei momenti, fecondi di pensieri profondi: mi chiedevo il senso del mio essere qua, l'origine del mondo e se esistesse davvero Dio. Avrò avuto sei, sette anni al massimo...