domenica 4 novembre 2007

Gatto (Arturo) di marmo



Trovo su BarSauro un post divertente, sui ricordi di chi è nato a fine anni Sessanta, inizio Settanta.
Mi ci ritrovo in pieno, con la tentazione di aggiungere qualcosa di personale al molto già scritto.
Negozio di alimentari Fratelli Baserga. Formaggino Mio, Tigre, Susanna. Biscotti Plasmon. In regalo c’era anche la maglietta del Plasmoniano. Si chiamava Fratelli Baserga, ma dietro il banco vedevo sempre due sorelle: Enrica e Lucia. Vendevano tutto, dal pane al salame Milano. E i Polarini, stringhe di plastica contenenti acqua colorata, che le mettevi nel comparto del frigo dove si formava il ghiaccio (il freezer non l’avevano ancora inventato e i frigoriferi erano bassi, quanto le lavatrici adesso) e poi te le succhiavi in santa pace, prima della merenda delle quattro.
La merenda era pane e Nutella, dispensata in vaschettine di plastica, simili nei materiali a quelle che vendono oggi, ma più spartane: non avevano la vaga forma di barattolo, limitandosi a riprodurre un’essenziale rettangolo.
Alle cinque iniziavano i programmi della tv, che aveva due canali: il Primo e la Svizzera.
Sul Primo, alle 5, c’erano i documentari, in cui la voce fuori campo di un bambino faceva domande al papà che rispondeva. Erano documentari che non richiedevano di viaggiare lontano. Niente tigri, serpenti, leoni, bensì animali mansueti, domestici: la mucca, il maiale, il tacchino. “Papà, perché il gatto graffia? Perché ha unghie affilate, che servono per arrampicarsi sugli alberi e catturare piccoli roditori”. Per realizzarli, più del National Geographic, bastava il giardino.
Sulla Svizzera, invece, imperversava il Gatto Arturo, un uomo con maschera marroncina da felino e una maglia a strisce colorate che gli arrivava fino ai piedi. Ora lo ricordo con affetto, ma sarei falso se aggiungessi che del Gatto Arturo ho memoria di alcunché di significativo. Nulla, non faceva nulla che meritasse un emozione, un applauso: ci incuriosiva, ma non ci ha mai strappato un lampo di curiosità, di interesse, tanto meno un sorriso. Non parlava, sembrava un gatto triste. Era svizzero.
Poi la televisione, che si accendeva pigiando un bottone a una scatola grigia e pesantissima chiamata “il trasformatore”, non la vedevi più, fino a “Il Carosello”.
Era un mondo in bianco e nero, i colori però li vedevamo lo stesso, tanto che quando i vicini si dotarono di moderno Tv Color (era già il 1978) non capivamo il perché di una simile spesa quando anche noi, col bianco e nero, i cartoni animati e le partite di calcio le vedevamo perfettamente, sapendo che il prato era verde e la maglia della nazionale azzurra, mentre quella di Zoff era grigia, dopo esser stata per anni nera. Poi alla teoria seguì la pratica, il Tv Color fu acceso e noi, invitati a guardare Goldrake, comprendemmo in un flash che la finestra da cui avevamo guardato fino ad allora il mondo era un bluff scialbo. Un amico di famiglia, che non poteva permettersi un televisore moderno, ma neppure tollerava di continuare a subire il bianco e nero, adottò un espediente che ebbe un certa fortuna, per qualche tempo: montare un foglio di plastica gialla davanti al video. Vidi così, al terzo piano di un condominio di via Casale, la finale dei Mondiali di Argentina, per il terzo e quarto posto. Con un gol da lontano, vinse il Brasile.
Monocolore, in quegli anni, non era soltanto un tipo di governo.

5 commenti:

Unknown ha detto...

Per me il Gatto Arturo era un mito anche perché l'ho sempre identificato e fuso con il gatto a righe della sigla di Scacciapensieri , l'appuntamento numero 1 della mia settimana.

Elena Trombetta ha detto...

Io lo odiavo il Gatto Arturo ;)

Anonimo ha detto...

E come dimenticare la mucca Carolina gonfiabile che ti davano con i punti dell'Invernizzi?

Geppetto ha detto...

E vi sbagliate di grosso sul gatto Arturo. Io sono del 1970 e me lo ricordo bene: era un mito! Arturo faceva tutto quello che a noi bambini era vietato. Sguazzava nelle pozzanghere, guidava qualsiasi mezzo gli capitasse a portata di zampe, giocava con il cibo, curiosava ovunque infilandosi in qualsiasi spazio chiuso o vietato e compiva tante altre azioni, che per noi erano tabù, in piena libertà e direi quasi con orgoglio e sfrontatezza!
Ricordo che lo aspettavo come fosse un guru; un simpatico gattone, apparentemente innocuo, che ci insegnava i fondamentali della trasgressione e dell'autonomia di pensiero.
Grazie Arturo! E non ti preoccupare, non sei rimasto un genio incompreso!!

Giorgio ha detto...

Geppetto mi ha aperto un mondo, facendomi riconsiderare un'opinione evidentemente sbagliata: forse ero troppo piccolo (o bamba) per capirlo, ma se il Gatto Arturo era come lo descrive lui, allora era davvero un genio. Un genio in(ritardo, ma ora l'ho)compreso.