mercoledì 15 aprile 2015

Ségnas (mia mamma)

Foto by Leonora
Ségnas. Lo dice mia madre, ogni volta che esco in macchina per mettermi in viaggio, specialmente se lungo (e lungo, per lei, è anche andare a Milano, Bergamo, Monza...).
"Ségnas". Segnati. Fatti il segno della croce.
E io lo faccio, magari non subito, perché con lei resto bambino pure se sono vicino ai cinquant'anni ed è da quando ne avevo quattordici che marco così la mia indipendenza: accontentandola, ma svoltato l'angolo.
"Ségnas" è la fede che mi è stata trasmessa, identica la radice, diversa invece nella modalità con cui si declina rispetto ai miei genitori. "Ségnas" è la premura per la mia salute, fisica e mentale. "Ségnas" è il testimone di una staffetta di cui sento di essere parte, forse epilogo sul filo di lana, forse invece semplicemente testimone a mia volta. "Ségnas" è ricordarmi che appartengo a qualcosa di infinitamente più grande e che non ho il potere di dominare, potendomi soltanto affidare. "Ségnas" è un gesto di superstizione e insieme un fare mente locale, un invito a concentrarsi e a mettersi il cuore in pace, accada quel che accada.
"Ségnas" è forse la parola che mi mancherà di più, insieme a "te vòri ben", ti voglio bene, quando non sarà più in grado di dirla. Ogni tanto ci penso, ringraziando il cielo che sulla soglia dei suoi settantacinque anni abbia dieci acciacchi ma nessun malanno grave, augurandomi perciò che rimanga con noi altri decenni.
Ad essere onesto, in queste settimane provo per lei una tenerezza che fino a qualche mese fa ignoravo, forse perché sono più lontano da casa, forse perché comincio a vivere l'età in cui la nostalgia per il tempo passato ha raggio più ampio della visione dei giorni che ho davanti. Anche per questo quando mi dice "ségnas" sorrido dentro e sento di volerla abbracciare, considerandola mamma e non soltanto madre.

Nessun commento: