martedì 31 dicembre 2019

Custodire (Il verbo dell'anno)


Nel punto di equilibrio tra il vecchio e il nuovo, scelgo un verbo di passaggio: custodire.
Lo ripeto mentre vedo partire per le varie mete i miei figli, chi in montagna, chi altrove, dove festeggeranno insieme con gli amici il Capodanno. L'istinto vorrebbe proteggerli, metterli al riparo, ma non li trattengo: sono loro custode, non il proprietario. Mi sono stati affidati affinché crescano, facciano esperienze, diventino adulti, non posso neppure immaginare di metterli sotto una campana di vetro.
"Custodire" è verbo delicato, è un prendersi cura senza allargare le maglie né stringere troppo.
Si custodisce qualcosa che non è nostro e pure per questo mi piace, perché è il contrario di "possedere", di quel volere e tenere per sé tutti e tutto, che imbruttisce e rende impossibili i rapporti, le relazioni, riduce persino i sentimenti, le emozioni, a un oggetto. Una tentazione da cui non è esente alcun essere umano, io per primo. Un istinto connaturato a ciò che siamo, tanto da ignorare secoli di saggezza e perseverare nello sbaglio. Il bello è che non è mai troppo tardi per accorgersene, a volte bastano persino venti righe, l'ultimo giorno dell'anno.

P.S. Sotto una campana di vetro, con il senno del poi, Vilma avrebbe forse voluto tenere suo figlio Giulio, che ieri ha perso la vita, scivolando in un crepaccio. La capirei, la capisco. Non c'è azione che una madre o un padre risparmerebbe purché non capiti ciò che in natura è un contro senso, cioè che un genitore sopravviva a colui o colei che ha generato. Eppure se così avessero fatto, se così facessi io, non impedirei tanto la morte, quanto la vita, che invece non chiede altro: di essere giocata, rischiata, vissuta appunto. Una convinzione che non elimina il dolore, ma almeno dovrebbe cancellare i sensi di colpa per le disgrazie che capitano. Siamo "custodi" dei nostri figli, ma la vita è loro. Giulio è morto troppo presto, non ancora a cinquant'anni, eppure per come lo conoscevo, quei cinquant'anni li ha vissuti intensamente, pienamente, proprio grazie a Vilma e suo marito, che hanno tenuto la corda lunga, lasciandolo libero di correre, anche incontro al destino.

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