lunedì 11 maggio 2020

Cinquanta e cinquanta (Contro il senso di ingiustizia)


C'erano campi di grano verdissimi, a perdita d'occhio, dietro il cimitero.
Luciano lo hanno salutato lì, soltanto i parenti stretti, in un bel giorno di maggio, uno di quelli in cui c'è il sole e fa caldo, ma appena lo vela una nuvola senti l'aria nella schiena e devi coprirti di nuovo.
"Che senso di ingiustizia" ha scritto la figlia Manuela, rimarcando un sentimento che ho provato anch'io, pensando a tutti gli anni di lavoro e ai pochi mesi - dodici in tutto - nei quali è riuscito a godersi la pensione, dopo una vita passata in ginocchio, a mettere piastrelle e farsi in quattro.
Nelle ultime due settimane non ho scelto il mutismo, è il mutismo che si è imposto, facendo da groppo, come accade quando troppo amaro e indigesto è il boccone che viene fatto masticare dal destino.
Passerà. Passa sempre tutto. Cresceranno i nipoti Nicolò e Tommaso, sopravviveranno le figlie Manuela e Stefania, finirà le lacrime pure la moglie Lia, che tre giorni prima aveva compiuto quarantatré anni di matrimonio tondi tondi e fino alla fine, come tutti, aveva sperato nel miracolo.
Passerà. Passa sempre tutto, per la famiglia di Luciano o per quella di Annalisa, la mamma di Nicola, anch'essa portata via d'improvviso dal virus che ha sconvolto la nostra esistenza, pretendendo da alcuni un tributo salatissimo.
Passerà. Passa sempre tutto, tranne il senso di ingiustizia e la dolcezza del ricordo, quel legame d'amore che intreccia le storie di ciascuno e - finché c'è vita in chi li ha conosciuti - non li fa mai morire del tutto.
Passerà. Passa sempre tutto, però non è questa l'ora, non è questo il giorno.
Per oggi, per domani, per dopo e credo per molto tempo ancora resterà il ricordo e un silenzio che non è vuoto e neppure semplice assenza di parole, bensì un profondo, intimo, affettuoso abbraccio.

P.S. C'era il sole mercoledì, quando è stato salutato Luciano. C'era anche il pomeriggio di tredici anni fa, nel giorno in cui abbiamo accompagnato Gianni, portato via da un altro male, subdolo. Arnaldo, suo amico vero, me lo ricorda mandando una fotografia, in cui è sorridente, zaino in spalla, pronto per cominciare un viaggio. "Chissà Gianni quante cose ti sei portato in quello zaino" commenta. A me invece piace pensare il contrario, che abbia lasciato qui tutto, e che non sia in nessun luogo diverso da quello in cui sono anch'io, noi, tutti, ora, subito. Per quanto riguarda l'al di là infatti nessuno ha certezze, né che ci sia né che non ci sia, è un cinquanta per cento di probabilità, tondo tondo. Ma se c'è, penso, oltre a quella dello spazio non esiste neppure la dimensione del tempo, è un eterno presente, in cui siamo appunto tutti... presenti, adesso, e non manca nessuno.

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