sabato 1 agosto 2020

Donne (La diversità come valore)

"Sono contenta di avere due figli maschi. Così potrò crescerli facendo loro un mazzo così, facendo capire cosa significa rispettare, dare valore, considerare alla pari una donna". Me lo dice d'un fiato, fissandomi con quei suoi occhi celesti d'un celeste che pare un lago di montagna e uno sguardo che - per un lampo - di dolce non ha nulla, pur se sorride, un sorriso che rivela determinazione senza mascherarla.
Eravamo entrati in argomento tra colleghi non per caso, considerato che in questi mesi ne parlo parecchio, specialmente con mia figlia, che ha una vita davanti e di buono vorrei non le fosse precluso nulla.
Sono anni che insisto con Giorgia, l'unica figlia femmina. D'un tratto ho realizzato che la chiave di volta sono gli altri tre, i figli maschi, poiché dalla loro sensibilità, dalla loro consapevolezza, dipende la capacità di inclusione, il rispetto delle diversità, delle pari opportunità e più in generale il futuro del mondo.
Non la sopravvivenza: la forma.
La forma della società che vogliamo costruire, delle comunità che desideriamo abitare, delle famiglie nelle quali vivere, tenendo il buono di ciò che abbiamo ricevuto in eredità e scartando il gramo, a cominciare da una divisione rigida dei ruoli, dalla mancata valorizzazione delle diversità, dal mantenimento di stereotipi triti, che meritano di essere archiviati senza una lacrima.
Evito di puntare il dito contro altri, mi accorgo di esser stato cresciuto io per primo con una mentalità che oggi mi pare fuori luogo, stretta, ottusa. Ad essa mi sono adattato, ne ho preso ciò che era comodo, vantaggioso, egoisticamente utile. Per questo non sono innocente, per questo non voglio apparire migliore di quanto non sia, per questo voglio assumermi responsabilità, chiedendo scusa e contribuendo concretamente, nei fatti e non soltanto a parole, per deviare il corso della strada.
Non ne faccio una questione di quote (aborro le quote! Come se intelligenza e buon senso potessero essere sostituiti dall'aritmetica) e nemmeno di eguaglianza, che uguali non lo siamo affatto, non lo è nessuno, né mai né ora. Anzi, ne faccio una questione di ineguaglianza, di diversità, intendendola come un valore, una risorsa, una ricchezza. 
Ma la diversità diventa valore, risorsa, ricchezza, soltanto se accompagnata da equità, pari opportunità, giustizia.
Ecco perché ha ragione quella mamma, che parla a ragion veduta, sperimentando ogni giorno sulla propria pelle la ruggine di un meccanismo che non ingrana.
Per ottenere un cambio di mentalità non basta la consapevolezza femminile, occorre anche e soprattutto quella maschile, unita a comprensione reciproca, aiuto vicendevole e solidarietà tra generi, invece di contrapposizione ottusa, becera, ostinata.

P.S. Sono grato a molte persone che in questi giorni contribuiscono a mettere a fuoco il problema, che non soltanto accettano, ma stimolano il confronto, si mettono per prime in discussione, offrono intuizioni, riflessioni, punti di vista. A una, in particolare, debbo riconoscenza, poiché con un atto di coraggio mi ha reso partecipe del percorso che stanno compiendo nell'azienda in cui lavora, mostrandomi una delle tante "piccole grandi" battaglie che vengono combattute senza pubblicità, senza l'attenzione dei mass media, con quei gesti apparentemente minuscoli che alla fine cambiano davvero il mondo, nell'essenza.

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