lunedì 3 agosto 2020

Quel che resta del giorno (anche di notte)

Il giorno in cui ho smesso di innervosirmi era una notte.
Una di quelle nelle quali capita di svegliarsi all'improvviso e fuori è buio pesto e l'orologio segna le tre, le cinque, le quattro.
Non mi succede sempre, neppure di rado.
Spesso è legato al lavoro e ci sono stati anni in cui si è ripetuto per mesi, mentre ora accade con minor frequenza, un paio di volte la settimana, con orari ballerini, che spaziano dalla notte profonda al principio dell’alba, quando filtra la prima luce ed è un concerto di cinguettii (mi hanno spiegato che gli uccelli cantano di più agli albori del giorno perché, essendo stati per ore a digiuno, vogliono dimostrare di essere forti abbastanza: lo fanno per convincere e convincersi, insomma, un po' come quando alzo la voce io, a casa).
Decenni fa, le prime volte che capitava, passavo dall'arrabbiatura allo sconforto, incaponendomi nel ripigliare sonno. Invano.
Era cavare una vite girandola al contrario: più non riuscivo più mi agitavo e più mi agitavo meno riuscivo.
Così ho smesso.
Basta prendermela, basta arrabbiarsi, basta sforzarsi di riaddormentarmi, come se l’addormentarsi equivalesse a eseguire un esercizio, sollevare un peso, svolgere un operazione algebrica.
Basta.
Pace interiore.
Accettazione, rimozione di tutte le ansie (“Devo svegliarmi presto e non dormo...”; “Sono già le tre, le tre e mezza, le quattro...”; “Chissà come sarò rimbambito domattina...”), considerazione di quel tempo come guadagnato e non perso.
Invece di impuntarmi in una lotta, guardo al bicchiere mezzo pieno e ne approfitto per leggere un libro o scrivere appunti, ascoltare podcast, ripassare la grammatica inglese, riflettere sulle grandi domande della vita ("Chi siamo? Dove andiamo? Ci sarà posto?"), sognare a occhi semichiusi, mettendomi in ascolto di corpo e mente invece che contrappormi loro, in una snervante quanto inutile battaglia.

P.S. La parte più difficile, me ne rendo conto, è superare l’apprensione per le conseguenze del mancato sonno. Se si ragiona teoricamente, si è spiazzati del tutto. Se invece si confida nel pragmatismo e si accetta il tempo biologico, allora il passo principale è fatto (che tanto un po’ rimbambito al mattino e pure pomeriggio e sera lo sono comunque, sonno o non sonno, dunque tanto vale non prendersela)

1 commento:

Unknown ha detto...

Ciao Giorgio, ho sempre dormito bene ma una menopausa precoce con una componente ereditaria mibha regalato una forma di insonnia molto forte, resistente anche ai farmaci più comuni. Il mio problema è che diventa un pensiero che anticipa la notte, anche perché il giorno dopo devo essere sveglia e sul pezzo. Dormiró da morta