Venti righe. Indro Montanelli sosteneva che in venti righe si può raccontare tutto. Bastano tre parole invece per spiegare le ragioni di questo blog: comunicare, in libertà. Per il resto, vale per me ciò che scrisse Jorge Luis Borges, "I miei limiti personali e la mia curiosità lasciano qui la loro testimonianza".
domenica 30 agosto 2020
Il cucciolo in giardino (Finché c'è vita...)
Giulio ha un giardino che è un incanto e non esagero, so quello che scrivo.
Giulio è il mio vicino di casa, anche se da un paio d’anni non mi rivolge parola, questo però è un altro discorso e comunque è colpa mia, che per una banalità non mi sono cucito la bocca e ho detto ciò che potevo risparmiarmi, dimenticando che il buon senso trova strada da sé, mentre se s'accompagna al risentimento può condurre alla meta, ma a un costo troppo alto.
Questo però è un altro discorso, dicevo, poiché a Giulio continuo a volere bene, al netto delle asprezze di un carattere che sa anche lui di avere, così come io ho il mio, prendendo il buono dei molti ricordi insieme, quand'ero ragazzo, di situazioni che - per adesione o per contrasto - hanno contribuito a formare parte dell’uomo che sono.
Giulio si prende cura delle piante e del prato con dedizione certosina. Non c’è giorno in cui non se ne occupi, stando pure a lungo a contemplarlo, seduto in veranda, con la meticolosa pazienza dei suoi settantanove anni compiuti una settimana or sono e di un tempo che soltanto visto da fuori non passa, scorre lento.
Il mio, invece, è un prato brado, soggetto agli umori del meteo, smeraldo quando piove a lungo, a chiazze paglierine se invece si susseguono settimane di secco.
Quattro anni fa, quando arrivò a casa nostra Larry, portandosi appresso tutta la scatenata esuberanza dei setter, ricordo lo sguardo perplesso di Giulio osservando proprio il mio prato, messo a dura prova dal cucciolo.
Era una sera, del mese di maggio, e il prete aveva proposto la recita del Rosario ogni giorno in un caseggiato diverso, chiedendo disponibilità anche a Isabella e c’erano un sacco di persone e tra esse proprio Giulio, che andandosene accanto a Piera, sua moglie, scuoteva la testa, osservando le buche e le chiazze nel manto erboso.
Cambio di scena.
Quest'anno, una manciata di giorni fa..
Giulio è seduto al solito posto, nel patio di casa, ma in mezzo al prato immacolato ci sono due bimbe accovacciate, le sue nipoti Emma e Sofia, e a due metri da loro una palla di pelo che è una meraviglia, una cucciola di meticcio, che si rotola, sfugge, s'accovaccia, guaisce, trotta, si mette infine a pancia in su, come a chiedere un grattino.
Sento la voce un po’ rauca di Giulio che parla affettuoso con le nipotine.
Non ne vedo il volto, ma sono certo sorrida, divertito.
È un bel quadretto, che fa sorridere a mia volta, ricordandomi il motivo per cui i giovani - i bimbi e i ragazzi in particolare, non importa se propri o altrui - sono così utili, fondamentali per la nostra sopravvivenza: ci costringono in un modo o nell'altro a cambiare, non permettono che ci fermiamo, rompono gli schemi e alla fine migliorano la vita, il mondo.
P.S. Giulio ha da anni una malattia che è giogo pesante, senza impedirgli tuttavia di stare accanto alle persone care, di dare una mano, di accudire se stesso e i mille e passa metri di giardino con la grande abitazione nel mezzo, di gioire delle cose buone e rammaricarsi per quelle grame.
La sua è una di quelle malattie da cui credo non ci guarisca, ma che si cura. Quando la scoprì, vent'anni fa, non c’era alcuna certezza su come sarebbe andata e rammento nitidamente in quei giorni il dispiacere di mio padre e di mio zio Gianni (proprio ieri l'altro è spuntata dal cassetto la fotografia che riporta a quell'esatto momento: stavamo sistemando della mia casa il tetto).
Poi, nel volgere di tre anni, per una di quelle capriole di cui è prodigo il destino, mio zio e mio padre si sono anch'essi malati, d’un male però più ostinato, che non ha lasciato loro vie di fuga, spezzandoli uno dopo l’altro via, mentre Giulio - pur con i suoi acciacchi - è ancora qua.
Ed è una presenza che mi allieta, di cui sono intimamente grato, poiché è un esempio per non darsi sconfitti, per tenere duro, per vedere una speranza dove sembrerebbe esserci soltanto timore, incertezza, sipario.
Lo dico per ciascuno che passa da qui, ma in particolare per uno dei tre sopravvissuti della fotografia di cui poco sopra tra parentesi ho scritto, mio coetaneo e nella sostanza fratello, che di tener duro in quest'anno bislacco ha più di tutti bisogno.
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