Primo marzo. “Il mese della lieta consapevolezza” come lo avevamo battezzato a Etv, in quella redazione che per me è stata liquido amniotico e incubatore.
“Nonostante gli anni siano passati, penso sempre a me stesso come il ragazzo che ero” ha scritto Simenon. Credo valga per tutti, me compreso, pur se di redazioni ne ho cambiata qualcuna, eleggendole di volta in volta non soltanto a luogo di lavoro, ma pure di vita, una “casa” dove trascorrere la maggior parte del tempo.
Devo essere sincero, non l’ho mai ritenuto troppo, né mi sono sentito stretto. Il motivo credo sia intrecciato al mestiere che ho scelto e che non è qualunque, contenendo in sé una missione che considero “politica”: contribuire alla crescita di una comunità, potendo promuovere valori in cui credo (la diversità, anche di opinione; la libertà di espressione; la coesione sociale; il rispetto reciproco; l’attenzione ai più deboli; il benessere economico, ma prima ancora quello mentale, personale…).
“Vaste programme” rispondo da me, citando il commento di De Gaulle a chi gli chiedeva di “eliminare tutti gli stupidì”. Goccia a goccia non c’è però vasca che non si possa riempire. Ed è per questo che - al di là degli aspetti organizzativi e di rappresentanza connessi al ruolo - la parte che ho scelto di curare personalmente sul giornale è quella delle “Lettere al direttore”, che indirettamente è la causa dello stillicidio qui, sul mio blog, prosciugando il pozzo già di per sé non sterminato della mia fecondità intellettuale.
P.S. Questo post è anche il modo di chiedere scusa alle molte persone che considero amiche e spesso trascuro, dovendo fare i conti con la dimensione fisica e dunque invalicabile dello spazio e del tempo. Essendo appunto “amici” e “amiche” so che mi perdonano a prescindere, tuttavia quando ne ho occasione chiedo loro uno sforzo in più, non limitandosi a tener aperta la porta, bensì bussando per primi alla mia.