domenica 10 maggio 2009

Ciccio e Silvio


Una maglia blu elettrico lunga lunga, calzettoni gialli abbassati, alla Sivori, due gambe da merlo e un fisico da Nino che non ha paura di tirare un calcio di rigore, che non è da questi particolari che si giudica un giocatore.
Oggi Giovanni, sei anni, era in campo con la divisa lustra dell'oratorio San Luigi e io sugli spalti, a osservarlo mentre rincorreva quella palla troppo grande e ogni tanto si fermava, pensieroso, serio, ed ero certo di sapere cosa gli passasse per la mente: "Ma perché sono qui, a sudare, senza i miei Gormiti, senza neanche un mattoncino dei Lego?".

Tra i vantaggi di avere più d'un figlio c'è la possibilità di apprezzarne le differenze: Giacomo vivrebbe a pane e pallone, ha talento da vendere e tira con entrambi i piedi, ma è lento e teme i contrasti; Giovanni è troppo piccolo per essere giudicato, però si capisce che non ha alcuna propensione naturale, corre alla rinfusa, assesta calci sia agli avversari sia ai compagni, ma non ha paura di nulla e potrebbe persino diventare un "Ringhio" Gattuso biondino, con i capelli a caschetto. Mi divertiva anche vederlo in panchina, con il suo amico Filippo, che al contrario di Giovanni è tanto diligente nel rispettare le indicazioni dell'allenatore da rasentare l'eroismo tragico: oggi gli hanno detto di stare largo sulla fascia e mai una volta che Filippo abbia sgarrato d'un metro. Sembrava incollato ad un binario. E dopo cinque minuti ch'era iniziata la partita e lui andava su e giù senza vedere palla, ligio all'ordine che gli era stato impartito, invece di adeguarsi a quel gioco d'istinto e buttarsi nella mischia, s'è girato verso l'allenatore e scuro scuro in volto, allargando platealmente le braccia, gli ha detto: "Ciccio! Non mi passano mai la palla!".

Ciccio non è solo l'allenatore: è l'amico, il padre, il prete, il nonno della squadra. Una persona buona, una chioccia che sa crescere uomini perché sa capire i bambini. Rimango affascinato a guardarlo, mentre fa il suo lavoro e ha una parola di sprone e d'incoraggiamento per tutti. La sua non è una squadra: è una filiale dell'Onu. Al confronto, anche l'Inter dei mille stranieri impallidisce. Marocchini, algerini, tunisini, senegalesi... Chi più ne ha, più ne metta. E sorridevo, nel pomeriggio, mentre leggevo le dichiarazioni di Berlusconi sul fatto che la sua idea non è quella di un'Italia multietnica. Qualcuno lo avverta, perché all'Oratorio San Luigi, in quel di Lurate, dove pur il settanta per cento degli abitanti vota orgogliosamente Lega e Pdl, l'Italia multietnica c'è già. E gioca a pallone e ride e scherza e diventa grande insieme, benissimo.

Foto by Leonora

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Comincio a leggere questa pagina e la trovo interessante, se non altro perchè mi ci ritrovo, anche mio figlio ha giocato a calcio fin da pulcino nella canzese, che tenerezza vederlo alla caccia di quell'oggetto rotondo cosi difficile da raggiungre!
Il tutto diventa ancor più interessante quando leggo di questo Ciccio, suppongo trattasi dell'allenatore, ma come, io gli allenatori li ho visti, li ho sentiti, li ho osservati attentamente e non mi è mai capitato di vederne uno cosi.
Si va bene ne ho conosciuto uno buono, uno padre, uno amico, uno persino prete, ma non ne avevo mai conosciuto uno che avesse tutte queste doti assieme e che addirittura fosse capace di capire i bambini.
Ora però mi è venuto un dubbio e quindi rivolgendomi al blogger chiedo: si tratta forse di un certo Francesco Signorello alias Ciccio? perchè se cosi fosse allora mi è tutto chiaro, solo lui, mio fratello, corrisponde alla sua descrizione e già che ci siamo le raccomando di non accostare mai più il suo nome a quello di un silvio qualunque perchè se lo conosco bene, e lo conosco molto bene, perdona una volta sola.


Grazie per quello che ha scritto.



Mario signorello

Giorgio ha detto...

:-)

valentina orsucci ha detto...

le gambe da merlo... mio papà lo doceva sempre a mio fratello quando vedeva quei gambini spuntare dai calzoncini da calcio...non me lo ricordavo quasi più.