domenica 10 ottobre 2010

A mì el me piàs no (libertà di stampa, sempre)


Non conosco di persona Alessandro Sallusti, non ho mai scambiato con lui una parola, non gli devo favore alcuno. Quasi tutti i miei attuali colleghi invece l'hanno avuto per direttore e, di recente, il mio amico Mauro ha avuto la buona sorte di lavorare con lui e me ne parla spesso, perché lo stima e - pur quando la pensa diversamente da lui - gli riconosce onestà intellettuale oltre che un carattere sostanzialmente buono. Buono dentro. Ricordo quand'ero un ragazzo e vedevo questo mio mestiere col binocolo: Sallusti prese in mano La Provincia e la rivoltò come un calzino, trasformando la palude in un laghetto d'acqua limpida, frizzante persino. Ne restai ammirato. Di Sallusti parlo talvolta con mio cognato Fulvio, che l'ha avuto per compagno e amico negli anni delle superiori, al Setificio. Recentemente anche con mia mamma, che invece lo detesta quando compare con quel volto scarno e austero, nei vari telegiornali, Ballarò o Anno Zero. "Guarda che è un bravo giornalista - le dico io - e Mauro che lo conosce bene dice ch'è un buono...". "Sarà - replica lei, scettica, in dialetto - ma a mì el me piàs no". A lei non piace.

Questa però è soltanto la cornice: il soggetto del quadro è un altro.
Tre giorni fa degli agenti sono entrati nell'ufficio e in casa del direttore de "Il Giornale", Sallusti appunto. Avevano un mandato e il potere di perquisire l'abitazione palmo a palmo, compreso chi ci abitava, ch'è rimasto in mutande, attendendo che fosse finito tutto. I magistrati che avevano impartito l'ordine cercavano dei dossier, che lo stesso giornalista avrebbe detenuto o commissionato, potenzialmente dannosi per gli oppositori del capo del governo, che del suddetto giornale ha nella sostanza il controllo. Nel frattempo, su tutti gli organi d'informazione, venivano pubblicati gli stralci delle intercettazioni telefoniche subite dal vice direttore de Il giornale, Nicola Porro detto Nicolino, a colloquio con il responsabile dell'ufficio stampa di Emma Marcegaglia, attuale presidente di Confindustria. Tali telefonate mettevano pressione, inutile nasconderlo. Sarei però un ipocrita se sostenessi che di simili pressioni non ne abbia fatte anch'io: è una regola del gioco, anche se tale gioco può essere ritenuto da taluni brutale, fetente, esasperato. Se rischio di prendere un buco, cioè di non dare una notizia che altri hanno, e il motivo è qualcuno troppo ciarliero con la concorrenza e poco con noi, la prima cosa che faccio è prendere il telefono e mettere in chiaro le cose: se domani la leggo sull'altro giornale, per noi sei morto. Oppure, come diceva un direttore placido di carattere ma colorito nel linguaggio: "Tu sul nostro giornale non verrai mai più nominato, se non per cose a te spiacevoli compreso quando passarei a miglior vita e pubblicheremo la tua fotografia, in cui sei ritratto brutto".
Diversa l'ipotesi che il presidente del consiglio orienti in qualche modo il lavoro dei servizi segreti, per screditare i propri avversari, utilizzando poi la stampa che controlla per dare eco e clamore all'evento. Una possibilità inquietante ma tutta da dimostrare, più simile ai libri di fantapolitica e dietrologia che allo scenario concreto. Controllare che i servizi segreti non "devino" dalla strada della legalità è compito del parlamento e dovere di ogni buon magistrato, che tuttavia nella ricerca della verità non può calpestare un altro diritto inviolabile, la libertà di parola e di stampa, che in un paese civile hanno valore assoluto e non possono essere imbrigliate in modo alcuno. A prescindere dal colore politico e anche dal nome e cognome dell'editore. Se poi uno compra "Il Giornale" sa da chi dipende, conosce quale sia l'orientamento, e perciò potrà "pesare" la notizia a seconda del suo modo d'intendere il mondo.
Ecco perché esprimo solidarietà a Sallusti, che paga quel volto scarno e corrucciato da infausto annunciatore di sventura (difetto imperdonabile in un paese da commedia avere un volto tragico). Le sue idee possono non essere le mie (figuriamoci quelle di mia madre), ma ha il diritto di esprimerle come crede meglio.

Foto by Leonora

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Quanto mi piace il tuo blog. Lo leggo sempre con piacere, scrivi da giornalista ma soprattutto da uomo.
ciao Marta G.

Pennellina ha detto...

Io la penso come tua mamma. Non conosco personale Sallusti per cui di certo non posso esprimere giudizi su di lui ma la linea editoriale del giornale la trovo aggressiva, volgare palesemente e violentemente a senso unico.
Tutti hanno propri pensieri e quindi tutti volenti o nolenti sono di parte ma così è eccessivo.
Il "metodo Boffo" lo trovo un sistema orribile di far fuor fuori i dissenzienti e mi stupisco che persone intelligenti comprino un giornale siffatto.


Preferisco un informazione equilibrata un'informazione come la sta dando Mentana sulla 7 per esempio ..

Ma io sono una ragazza di cinquant'anni che crede ancora nell'etica nella correttezza e non riesce ad abituarsi ad una classe politica piena di servi sciocchi (e non mi rifersco al giornale) dove la corruzione è un è considerata un reato ...

Discorso lungo ... che potrebbe continuare ancora ma forse è meglio che la finiamo qua.

Nikka/Paola

P.S. Io leggo corriere della sera repubbica e 24ore tre giornali è meglio che one :-)