domenica 4 novembre 2018

Due Giovanni (e cent'anni di distanza)


https://www.flickr.com/photos/lyonora/6637505059/
Di sé ha lasciato una foto sbiadita, un fazzoletto di bosco in pendenza, il cognome che portiamo e rare parole, che gli si cavavano a forza dalla bocca, come l'unico dente che si dice abbia perso negli ottant'anni e passa in cui è vissuto, andando in ospedale una sola volta, l'ultima.
Una di quelle frasi era: "U' girà ùl mùnd, mì: Còm, Milàn, Sùndri", aveva "girato il mondo" lui, riferito alla circostanza precisa di aver messo piede a Como, Milano e Sondrio.
In realtà si era spinto più in là, a Sacile, in Friuli, artigliere di campagna, prima guerra mondiale, ma di quel periodo aggiungeva nulla, se non una mano sugli occhi, quando ci ripensava, come a non voler vedere, a sforzarsi di dimenticare, e un'unica annotazione che non riguardava la battaglia, la trincea, bensì: "i dòn e i s'ciat chi ciangìva", le donne e i bambini che piangevano.
Si chiamava Giovanni, come te, e se te ne scrivo oggi, alla vigilia del tuo sedicesimo compleanno, è per una coincidenza e insieme un'urgenza: cent'anni esatti fa, come oggi, finiva la Grande Guerra e farne memoria è il minimo dovuto a intere generazioni che in quel conflitto hanno speso e in molti casi spento il lume della loro giovinezza.
Non voglio aggiungere altro, dilungarmi in riflessioni che odorerebbero di retorica. Tu e i tuoi fratelli siate consapevoli di quanto siete fortunati a vivere in un tempo di prosperità quale nessuno ha conosciuto prima e spendetevi sempre per mantenere la pace, per costruirla. Perché la pace è sì un dono che si riceve, ma pure un impegno che si deve prendere, ogni giorno, scegliendo ciò che unisce invece di ciò che divide, immaginando ponti e non muri, dialogando sempre, senza mai chiudere o sbattere la porta.
Ricordalo, Giovanni, che non sei venuto dal nulla, che sei la cima di una tradizione senza enfasi, ma solida, antica, di cui porti il nome, il cognome e la responsabilità di manternerla viva.

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