martedì 6 novembre 2018

Nonni e nipoti (La bussola avuta in dono)


"Gli hai fatto gli auguri?". Me l'ha detto in dialetto, quasi a tempo scaduto, e ho risposto a mia madre di sì, aspettando che gli occhi le diventassero lucidi, come puntualmente è avvenuto.
Ho scritto qui del compleanno di Giovanni un giorno prima e di quello di mio padre uno dopo, oggi, volendo fare da cornice al capriccio del destino che li aveva accomunati nella data di nascita, uno a distanza sessantacinque anni dall'altro.
Il nipote è diventato un virgulto d'uomo, alto quasi quanto me e con gli stessi scatti di carattere, talvolta non mitigati ancora dalle buone maniere che impongono contegno, almeno in pubblico.
Il nonno ci ha lasciati dieci anni fa, ma non se n'è mai andato, essendo vivo tuttora in me, che nei tratti e in alcune espressioni gli sto somigliando come mai avrei creduto.
Molte sono le eredità che ho ricevuto, tanto che ad elencarle tutte impiegherei un pomeriggio.
Ne ritaglio una, che mi pare più attuale di altre e mi fa da stella polare in questo tempo di bussole apparentemente senza magnete: ho imparato da lui ad avere fiducia nel futuro, a considerare i cambiamenti non come accidenti o, peggio, sciagure, bensì come opportunità per fare meglio.
Non che fosse esente dalle seduzioni nostalgiche che sovente riserva il passato, aveva però un approccio sempre pragmatico, positivo, che ai miei occhi lo rendeva giovane pure quando stava diventando vecchio. Perciò lo ricordo non soltanto con amore, ma con rispetto.

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