mercoledì 15 settembre 2021

La pazienza (egoista) del faggio

Luce. Acqua e nutrimento dalla terra e luce. Cerca questo il faggio, sia esso solitario, nel mezzo del giardino, o tra simili, nella selva o nel bosco, stendendo i propri rami verso il cielo, superando ogni altro arbusto e facendo in modo che attorno gli cresca poco o nulla, a contendergli ciò di cui ha più bisogno.
Spazio. Un suo spazio, che ricava e difende, senza urto, con la travolgente efficienza della perseveranza paziente, l’identico stillicidio della goccia che scava nella roccia un buco.
Centro. Il faggio non aspetta che qualcun altro lo metta al centro, diventa esso stesso centro, ovunque sia piantato.
Ciascuno di noi, specie in un tempo di fretta incalzante e di ansia, qual è il nostro, dovrebbe imparare un po' dal faggio, dal suo sano egoismo nel cercare luce, mettersi al centro, ritagliarsi uno spazio.

P.S. Un faggio è come un bimbo o un cane, un gatto, un animale domestico, con una differenza: necessita di cure, ma non per se stesso. Le cure occorrono se si vuole evitare che crei sotto di esso il deserto, che faccia sparire poco a poco il prato. Chi pianta un faggio lo faccia sapendo che dovrà rinunciare all'erba oppure proprio per questo, poiché non dovrà mai preoccuparsi di tagliarla, altrimenti dovrà spazzare quantità enormi di foglie e altre sostanze minute, che cascano con regolarità certosina e in modica quantità per tutta estate e diventano marea in autunno. Ecco la ragione per cui lo amo e lo detesto, al tempo stesso.

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