lunedì 12 maggio 2008

L'ultima postilla


Ieri è stato il primo anniversario dalla morte dell'unico zio che avevo, Gianni, il fratello di mia madre. Non aveva ancora settant'anni e un brutto male se l'è portato via, come è successo pochi mesi dopo, ad inizio di quest'anno, con mio padre, che era suo coetaneo. Per la nostra famiglia, una falcidie.

Lo zio Gianni non era un uomo di molte parole. Sono contento di avergli fatto avere, qualche anno fa, una lettera in cui lo ringraziavo per essermi stato così vicino in occasione della malattia di mio padre, aggiungendo quanto importante era per me, per noi.

C'è una cosa però che non gli ho scritto, perché allora non lo sapevo che sarebbe andata a finire così e perché certe cose non si capiscono finché non le si prova e quando le si prova per qualcuno ormai è tardi.

Quella cosa che non gli ho scritto è quanto in gamba sono i suoi figli, Fabrizio e Roberta, che davvero, nel buono, sono a sua immagine e somiglianza.

A lui non ho potuto dirlo quanto li ammiro, quanto ne sono orgoglioso, ma a tutti gli altri sì, specialmente ai suoi nipoti, ai figli dei suoi figli, a Silvia, Alberto, Cristian e Alice.

Quando Gianni se n'è andato, quando mio padre se n'è andato, ho creduto che qualcosa fosse morto per sempre. Oggi so che non è così.


Foto by Leonora

2 commenti:

loris ha detto...

Per me "un qualcosa" purtroppo è morto per sempre, e personalmente ne rendo emozionalmente conto in non poche occasioni; però è altrettanto vero, come dici tu, che Gianni e Gino hanno seminato bene, e "un'altro qualcosa" di loro rimane fortemente in mezzo a noi.

roberta ha detto...

E' vero che i gesti a volte valgono piu' delle parole... ma altre volte le parole servono eccome... forse piu' a chi rimane.
Il "non detto" pesa dentro come un macigno...