I sei giorni di vacanza stanno finendo, da domani si torna in redazione a capofitto. Credo di essermi un po' impigrito, pure arrugginito: in un paio di giorni conto di riprendere ritmo e tono. Non è per questo però che scrivo, quanto per tessere l'elogio di un allenatore, di una società, di una squadra, un gruppo. La Faloppiese, formazione di calcio della categoria esordienti (tredici, dodici anni), nel pomeriggio ha concluso al terzo posto il torneo "Brera", a cui erano iscritte oltre cinquanta squadre provenienti da tutta Italia e anche dall'estero. S'è trattato di un ottimo risultato, anche se sarebbe stato storico se in semifinale non si fosse perso ai calci di rigore contro il Varese, che per metà partita è stato letteralmente messo alla corde e graziato persino a cinque minuti dalla fine da un rigore sbagliato dalla stessa Faloppiese. Il terzo posto, alle spalle di Varese (vincitore poi del trofeo) e dei serbi della Vrbas, unito al titolo di capocannoniere del torneo ricevuto da Gabriele (Gabriele Strazzella, un attaccante nato, che spero rimanga con noi anche l'anno venturo, così come un'altra roccia, Cristian) ha coronato comunque una bellissima annata e concluso in qualche modo un ciclo. Giuseppe (Giuseppe Attanasio, l'allenatore) il prossimo anno passerà al Cantù, dopo cinque anni in cui s'è fatto apprezzare, oltre che per il bel gioco e per i risultati, anche per il cuore e lo spessore umano dimostrato. Lo scrivo ora, che se ne va, perché prima ero in imbarazzo: essendo in squadra mio figlio Giacomo, non volevo che le parole di stima prestassero il fianco a un trattamento diverso da quello che è stato. Ora però che il quadro s'è chiarito, credo sia giusto concedere il tributo a una persona che per questa squadra ha dato tutto, non risparmiandosi in alcun modo e trattando tutti in modo affettuoso ma anche schietto. Potrei citare molti episodi, ne scelgo uno: l'aver organizzato la trasferta di una settimana a Lignano Sabbiadoro, la scorsa Pasqua, per partecipare a un altro torneo. Un momento unico di aggregazione tra ragazzi e anche per i genitori. Adesso le strade di allenatore e società si dividono: come tutti i divorzi, il rischio è che il gusto acre abbia il sopravvento su quanto di buono insieme è stato fatto. I risultati e l'ottimo ricordo che ha lasciato tra ragazzi e genitori testimoniano sul valore di Giuseppe, così come la società, che ha deciso il cambio, merita fiducia e credito, essendo sulla cresta dell'onda da cinquant'anni e distinguendosi sempre per crescere ragazzi non esaltati, insegnando loro a stare al mondo, oltre che giocare a calcio. Chi segue questo blog sa che ad inizio anno ero scettico sulla scelta fatta da Giacomo, di lasciare l'Itala (altra società fatta di brave persone, a cui sono grato) per andare a Faloppio. Undici mesi dopo credo che sia stata una decisione felicissima, avendo trovato l'ambiente di cui dicevo. Lo scrivo per tutte le persone che hanno un figlio che vuole fare sport e magari si fanno trascinare dalle loro ambizioni oppure spaventare dai sogni (spesso destinati a restar tali) del bambino: scegliere un buon ambiente è fondamentale. Conosco personalmente papà e mamme che si sono lasciati incantare da società professionistiche, dal nome glorioso, ma senza alcun riguardo per la crescita dei ragazzi, che vengono presi e lasciati come carne da macello. Altre volte, e io appartengo a quel caso, sempre le mamme e i papà hanno tarpato le ali ai desideri del figlio, accontentadosi della mediocrità, del pressapoco. La Faloppiese credo sia la giusta via di mezzo - elogiata dai latini e che tutt'oggi porta lontano - tra misura e ambizione, tra pazienza nel rispettare i tempi di crescita dei ragazzi e schiettezza nel rilevare i limiti di ognuno, tra serietà agonistica e sport che comunque nella vita non è tutto. Grazie a Giuseppe (ma anche a Roberto e Fabio, suoi aiutanti sul campo) e alla Faloppiese per tutto ciò che hanno fatto per Giacomo: la mia famiglia ha avuto assai più di quanto ha dato; non lo dimenticheremo.
Foto by Leonora
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