Il caldo improvviso mi coglie impreparato, come il colpo dietro la nuca che tramortisce il coniglio. Mi dà fastidio più di tutto la luce, in queste giornali di giugno in aprile, ed è strano per uno come me che non ha mai messo gli occhiali da sole, se non per leggere i libri in spiaggia, con il sole a picco. Tempi che cambiano. Boccheggio pensieri, lento di riflessi e reazioni, impanato quanto una cotoletta milanese prima di finire nel pentolino, desideroso soltanto di starmene a letto, al buio, in silenzio. Lavoro, un fine settimana sì e l'altro no. Questo sì. Chiedo scusa in anticipo a tutti coloro a cui risulto introverso e poco simpatico: resto fondamentalmente sereno, ma la stanchezza toglie brillantezza e a volte pure il sorriso. Mi confortano piccole cose. La telefonata d'un uomo che non la pensa come me, ma è onesto dentro. Un paio di fatti cronaca che daranno sapore e sostanza al giornale di domani. La pianta verde e lussureggiante sulla scrivania oggi vuota, di fronte alla mia. Le canzoni di Diana Ross e David Bowie alla radio. Il pensiero di persone che, nonostante tutto, mi vogliono bene. La dieta forzata della pausa pranzo al lavoro, a compensazione del barattolo di Nutella che ho divorato ieri sera tendente notte. Resisto. Stringo i denti e tengo duro, consapevole che nella vita c'è assai di peggio, con l'unico rimpianto di sciupare troppo spesso le occasioni che mi si presentano sotto il naso e accorgermene soltanto ora, chiuso nella gabbia di me stesso. Pranzare all'aperto, in un crotto, sotto il portico, in una giornata come questa, ad esempio. O piantarla di essere rigido e andare in quei posti dove ti rilassi e ti fanno i massaggi con quell'olio profumato, che fa tanto film sui persiani debosciati, che poi magari le buscano dagli spartani, ma vuoi mettere la soddisfazione tra essere invincibili in battaglia e sapersi godere anche la vita, di tanto in tanto? Nel frattempo passo e chiudo. La festa è finita già prima di cominciare. Domani vedremo.
Foto by Leonora
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