Foto by Leonora |
Mancava Marco Zamperini (riposi in pace, anche se avendolo conosciuto scommetto che dov'è andato in pace non lascerà nessuno) e si è sentito. Il salone del Molo IV m'è parso un ambiente ugualmente elegante, efficiente, ma più freddo (non solo per l'aria condizionata a palla del mattino), asettico, come se l'equilibrio fra testa e cuore fosse compromesso. Non è una sentenza, né un giudizio lapidario, bensì una sensazione, che affido agli organizzatori storici, che stimo per quanto fanno e proprio per questa ammirazione cerco di aiutare come posso: essendo sincero.
Non darò voti analitici, relatore per relatore, come l'anno scorso. Mi limiterò a segnalare le cose che nella giornata di oggi mi sono piaciute e quelle meno.
Curiosa (voto 8) la presentazione fatta da Carola Frediani sull'internet profondo, quello che non conosciamo, quello dei servizi nascosti, dei protocolli fatti apposta per non esser rintracciabili, utilizzato da chi non vuole esser controllato. Ottima (voto 9) la condivisione di conoscenze di Marilena Pellegrini e Antonella La Carpia su come realizzare un buon video e renderne virale la diffusione. Mi aspettavo di più (voto 6) dall'incontro sulla geolocalizzazione e sulle opportunità di narrazione, promozione e rappresentazione di un territorio attraverso l'uso di dispositivi mobili, internet e mappe. Molto interessanti (voto 9) gli argomenti di Benedetta Arese Lucini, general manager di Uber, l'applicazione che sta cambiando il modo di spostarsi nelle grandi città. Sempre bravo (ma non gli assegno un voto, perché professionalmente per lui ho un debole e non sarei obiettivo) Massimo Russo, direttore di Wired Italia, che riesce sempre a distinguere lo strumento dal fine e orienta la discussione sapendo cogliere il senso generale, partendo dal dettaglio. Professionale ma non trascinante (voto 6) Anna Masera, che apprezzavo più quando tentava di trovare una nuova strade all'informazione digitale al servizio della Stampa, scritto maiuscolo ma anche minuscolo.
Mortificante (voto 3) l'ostinazione nella scelta della lingua inglese nella salone principale. Non discuto le motivazioni pro e contro, avendolo già fatto sul post dell'anno scorso e non avendo cambiato idea di un millimetro. Mi limito a constatare questo. Alle tre e mezza del pomeriggio ho contato cento sette persone tra il pubblico, in una sala con trecento sessanta posti a sedere. Nell'atrio, dove gli argomenti erano diversi ma si discuteva in italiano, le sedute non bastavano e c'erano decine di persone che ascoltavano in piedi. Ora, se per rispetto al dieci per cento degli ospiti stranieri non ci sono i soldi di affittare una trentina di cuffie - per la traduzione simultanea non servirebbe personale esterno, basterebbe uno degli organizzatori - almeno fate in modo di prevedere una distribuzione migliore delle sedie (scherzo, tranquilli: so che non è un problema di costi delle cuffie, ma una precisa scelta culturale, e la contesto proprio per questo. E comunque le sedie devo davvero esser distribuite meglio).
Non classificabile (voto N.C.) l'incontro che in fondo mi interessava di più, quello su "Informazione locale e civic media". I relatori erano qualificatissimi, provenienti dal gruppo Espresso, ma è stato l'incontro con meno pubblico (compreso il sottoscritto ad ascoltare eravamo una ventina in tutto). Eppure sono state dette cose essenziali per il futuro di un settore (quello dell'informazione) da cui non soltanto dipendono migliaia di persone che vi lavorano, ma l'esistenza civile di tutti gli altri, milioni e milioni di uomini e donne.
Encomiabile (voto 8) lo State of the Net nel suo complesso. Ci possono esser annate superlative, altre meno, ma lo sforzo che viene fatto per comprendere ciò che sta accadendo e condividere conoscenze e competenze per affrontare al meglio il futuro è sempre lodevole, tanto che mi toglierei il capello, se ne portassi uno. Grazie dunque a Beniamino Pagliaro, Paolo Valdemarin e Sergio Maistrello per rifarlo, ogni anno.
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