lunedì 23 giugno 2014

Tanta felicità

Foto by Leonora
Prima di cambiare gli altri devo cambiare io. Più semplice a dirsi che a farsi, pur avendo chiaro ciò che non devo perdere, il nocciolo essenziale che mi distingue nel mondo, quel miscuglio che rende unico e speciale ciascuno, me compreso.
Il resto è lampada di Diogene che avanza nel buio, barba di Socrate che si accarezza di fronte al dubbio.
Per gestire l'ignoto traccio linee d'orizzonte, pianifico, studio, cerco di definire una meta, così da rendere più sicuro e spedito il cammino. In più do una mano come posso, mettendo a disposizione le competenze di trent'anni di onorato servizio, sperando di essere utile e venendo ripagato in modo sorprendente, ogni giorno.
La scorsa settimana, ad esempio, ho conosciuto Baldovino. Conosciuto è una parola grossa: diciamo che l'ho sfiorato, scambiando con lui un paio di mail e risalendo alla sua storia usando vecchie fotografie come briciole di Pollicino.
Baldovino di cognome fa Midali, abita a Branzi, di mestiere è panettiere e per passione fotografo, di quella specie paziente che sa rimanere immobile per ore, al gelo o al caldo, con la pioggia o il sole a picco, per immortalare il muso di un furetto o l'apertura d'ali maestosa di un falco. In pratica, quanto di più lontano c'è dal sottoscritto, che perde la pazienza pure ad aspettare un secondo l'ascensore o mentre il digitale terrestre passa da un canale all'altro.
Baldovino è il testimonial che abbiamo scelto per lanciare Storylab, il "progetto di raccolta di fotografie per raccontare la storia dei luoghi, le loro trasformazioni, le tradizioni, le vicende pubbliche e private, per ricordare da dove veniamo e non dimenticare ciò che siamo stati". L'idea è di spiegare questo strumento non a parole, ma con l'esempio, raccontando la storia di una persona attraverso le vecchie fotografie che ha in casa, da quella della prima comunione ai nonni messi in posa durante il fascismo, dalle cartoline d'epoca del paese dov'è nato agli amici con cui negli anni Settanta aveva messo in piedi un complessino, che non erano i Beatles né i Rolling Stones, con però uno spirito identico.
Baldovino "con le braghe alla sciatora"
Lascio perdere i dettagli, che verranno pubblicati in questi giorni sull'Eco di Bergamo e a breve saranno consultabili da chiunque, sul sito, concentrandomi su un pensiero che Baldovino ci ha scritto. Questo: "La mia prima giacca a vento azzurra me l'hanno comperata a quattordici anni, ma ero fortunato perché le braghe alla sciatora le avevo già, le mettevo anche quando andavo a scuola perché l'indumento piu bello faceva parte di quanto ci donavano le persone piu benestanti di noi. Peccato non avere gli sci, quelli non sono mai arrivati. Allora mi viene un dubbio, ma forse mi é sfuggito qualcosa! Una cosa però vedo in questa foto dell'aprile 1970: tanta felicità".

Già. Tanta felicità. E' la stessa che ricordo io, sfogliando l'album di famiglia, vedendo le immagini in bianco e nero o a colori sbiatidi di quel tempo in cui si conviveva con il poco, ma quel poco ce lo gustavamo tutto e non era una sciugura, un freno, bensì uno sprone a fare meglio, e anche ad addormentarsi la sera con un progetto, un sogno, un obiettivo. Vorrei che per i miei figli fosse lo stesso, anche se hanno di più rispetto al bambino che sono stato e quasi tutto in confronto ai loro nonni, agli zii, cresciuti nel gramo. Ma ad essere onesto vorrei che tornasse a valere pure per me, che troppo spesso confondo ciò che ho e che non voglio perdere con quello che conta davvero.

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