E neppure tornare a baciare finalmente mia mamma, abbracciare le persone a cui voglio bene, stringere la mano alle persone che stimo, chiacchierare con chiunque senza badare a che ci sia più di un metro di distanza, cenare o pranzare con la famiglia allargata, come accadeva prima, ogni sabato o domenica, guardare le partite in tv tutti insieme, ascoltare gli amici dei miei figli che fanno un accidenti di baccano, dentro casa, fare visita alle persone malate, mettere un fiore al cimitero, aprire a chiunque bussi alla porta.
No. La prima cosa che voglio fare, quando "tutto questo sarà l'anno scorso" è tenere la testa alta, riappropriarmi della mia dignità di persona, levarmi da dosso la negatività che mi ha appiccicato addosso questa situazione assurda, lavar via la paura, non ripetere gli stessi errori, coltivare la mia parte razionale ma pure quella istintiva, fare e mantenere memoria.
Soprattutto questo: fare e mantenere memoria. Perché tanta apprensione, tanta sofferenza non sia stata vana, perché ne usciamo cambiati, in meglio, riuscendo a percepirci come comunità e non soltanto come individui, ognuno con la sua pena, ciascuno con a cuore soltanto la propria scialuppa.
Soprattutto questo: fare e mantenere memoria. Perché tanta apprensione, tanta sofferenza non sia stata vana, perché ne usciamo cambiati, in meglio, riuscendo a percepirci come comunità e non soltanto come individui, ognuno con la sua pena, ciascuno con a cuore soltanto la propria scialuppa.
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