Le persone sono come le vetrate.
Scintillano e brillano quando c’è il sole, ma quando cala l’oscurità rivelano la loro bellezza solo se c’è una luce dentro.
(Elisabeth Kubler-Ross)
Quando cala l'oscurità. Cala sempre, prima o dopo. È per noi l'immutabile alternanza della notte e del giorno: può durare poco o tanto, ma ci sarà sempre un buio ad alternarsi al chiaro e di contro un'alba che sfida il tramonto.
Ecco perché la luce occorre averla dentro.
Intendo non la luce ch'è un dono, quella del carattere di chi ha cuor contento o che accompagna le persone serene di natura, poco inclini al tormento.
Piuttosto, la luce accesa dalla volontà, la capacità di vestire i panni dell'altro, di mettersi in ascolto, di scegliere ad ogni bivio il bene, il buono, il sorriso, il tendere costantemente la mano, vedere la parte del bicchiere mezzo pieno, riconoscere le proprie mancanze e le virtù di chi ci sta accanto o che osserviamo da lontano.
Le persone sono come le vetrate.
Non i vetri, limpidi, perfettamente trasparenti.
Le vetrate spesse e opache, colorate, quelle delle chiese o delle case in stile liberty e art nouveau, delle finestre o dei divisori, che illuminano e insieme coprono, quelle saldate con il piombo, pezzo per pezzo, come pezzo su pezzo siamo noi, non banalmente un uno.
P.S. Si fa in fretta a dire: sii contento. Ed è facile giudicare sommariamente da fuori, fare l'addizione delle fortune altrui, evitando di sottrarre ciò che non vediamo, quanto chi abbiamo di fronte tende a celare, a non mettere sul banco. C'è bellezza dentro ciascuno, insieme a fragilità, delicatezza. Per scorgervi la luce occorre attenzione, rispetto, non rompere a sassate il vetro, bensì accostarsi vicino, a volte mettendo le mani sulle tempie, eliminando l'abbaglio che c'è attorno e aguzzando la vista, mettendo meglio gli occhi a fuoco, confidando che ci sia anche ciò che d'acchito non notiamo. Vedere "la luce dentro" è un esercizio che riesce se, per farlo, ci alleniamo.
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