Dodici mesi fa i tuoi diciott'anni li hai festeggiati da recluso: tre settimane nella tua stanza, contagiato dal virus che ha condizionato questo scorcio di secolo, a sorpresa.
Tralascio la contabilità minuta dei regali e messaggi, passo lesto a ciò che più mi sta a cuore, oltre al ribadirti la felicità che porti ogni giorno nella nostra vita.
Il messaggio che ho per te, oggi, è in un'immagine.
Una montagna. Una vetta all'orizzonte, non importa quale, se spoglia, aguzza, brulla, irta, bianca di neve o avvolta nella nebbia.
Una montagna a cui tendere lo sguardo, che sia per te chiarezza di visione, aspirazione, desiderio di approdo, pur lontano che appaia o che sia.
Nessuno può esserti accanto sempre o caricarsi sulle spalle i tuoi fardelli e farti sorridere, darti fiato e gioia di vita, ma potrai farlo tu, se saprai individuare un obiettivo, una "montagna" appunto, compiendo ogni giorno un passo, piccolo o grande, purché orientandolo a una direzione, a una meta.
Il desiderio e l’ambizione buona non mettono infatti al riparo dalle delusioni occasionali, dalle paludi momentanee, dal buio che cala la sera, ma sono antidoti naturali alla frustrazione continua, alle amarezze profonde, al senso di vuoto o stagnazione opprimente che a volte punteggia l'esistenza.
Intendiamoci. La vita non è la montagna, né tanto meno la vetta. La vita è tutto ciò che sta sotto, attorno, lungo il cammino anche, spesso a distanze siderali dalla cima.
Proprio per questo - se posso darti un consiglio - scegline una alta, elevata.
Perché più sarà alta, più a lungo ti terrà impegnato il cammino, più ti si gonfierà il cuore, più ampio sarà il paesaggio, più varrà la pena ogni sacrificio, fatica, rinuncia.
P.S. Di montagna può essercene più d'una e non è mai troppo tardi per scegliersela, scoprirla, adottarla. Vale per te e i tuoi diciannove anni, come per chi di primavere ne ha sulle spalle una carriola.
A cominciare da me, che di montagne ne ho sempre avute, spesso inconsapevolmente, talvolta dimenticandole, altre ignorandole di proposito o rifiutando l'ipotesi di avvicinarmi, per timore, miseria, vigliaccheria. Anche quest'ultime, tuttavia, non le ho cancellate del tutto, restano lontane all'orizzonte, ma presenti, pronte ad accogliere il mio primo passo, quando che sia.
1 commento:
La metafora della montagna è realtà da ricordare ogni giorno! Per Giovanni e di riflesso anche per noi, grazie Giorgio!
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