L'addio gentile di Jole e le storie che meritano
Oratorio di Albate, giovedì scorso. Ventidue ragazzini in calzoncini e maglietta inseguono un pallone su un campo lungo e stretto, mentre i genitori chiacchierano. Il tema, manco a dirlo, è il muro in riva al lago. Uno di loro è scettico, dice che era scontato ci fosse, e quando una mamma interviene timidamente, dicendo: «Però ho letto sul giornale...» subito viene interrotta, con fare spiccio e un: «I giornali, i giornali... I giornali scrivono quello che vogliono».È vero, scriviamo quello che vogliamo. Ma ciò ch’è scritto è alla luce del sole, ognuno può valutarlo e andiamo in edicola guardando negli occhi il lettore, rispondendo - oltre che alla nostra coscienza - al suo giudizio e a quell’euro che decide di spendere ogni giorno. Nell’ultima settimana la vicenda delle paratie ha tenuto banco, lasciando molte altre notizie in secondo piano. Purtroppo, aggiungiamo, poiché avrebbero meritato più attenzione, più spazio. Personalmente, ad esempio, ci piacciono le storie. Le storie di tante persone non illustri, uomini e donne normali, magari protagoniste loro malgrado o che si sono distinte non per avere affrontato come San Giorgio il drago, ma per avere fatto il loro dovere con umiltà, anch’esse ogni giorno. È il caso di Jole Mognoni, alla quale questo giornale ha dedicato un trafiletto, sempre giovedì scorso. Per decenni ha lavorato in Comune di Como, nell’ufficio di segreteria del sindaco, vedendone passare ben sei (Spallino, Meda, Bernasconi, Pigni, Botta e Bruni) e imparando a conoscere pregi e difetti di ciascuno, distinguendo l’amministratore dall’uomo e probabilmente imparando sulla propria pelle la massima secondo cui: «Nessun uomo è grande per il suo cameriere». Nemmeno per l’impiegata di turno. Ma stupendo è il messaggio che Jole ha lasciato: «Scendo da questo treno con serenità e senza rimpianti e con una certa impazienza attendo di salire sull’altro treno chiamato nonna/famiglia dal quale spero di non scendere più».Glielo auguriamo anche noi, Jole. Se l’è meritato.
La Provincia, 27.09.09
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