venerdì 5 novembre 2010

Un Paese migliore


Otto. Otto anni. Giovanni li ha compiuti oggi e, oltre alle scarpe con le rotelle, gli è arrivato in dono un criceto. Genesio l'ha chiamato e farà coppia con Silvio, il canarino. Io sono arrivato come al solito tardi, ma in tempo per mangiare la torta, in una bella serata, senza esagerazioni. Il piccolo mi perdonerà se la chiudo qui e parlo d'altro (in effetti però lo sto trascurando: vado a vedere le partite di Giacomo e non le sue, ma non ho preferenze, anche se mi rendo conto che più il tempo passa più il principio si deve declinare in pratica e a fronte di loro tre ci sono io solo, per giunta non ubiquo). In questi ultimi giorni ho incontrato due persone fantastiche. Oggi Catherine, domenica scorsa Biba. Catherine viene dall'Inghilterra. Dalla Cornovaglia, per la precisione. Biba dal Senegal. Lei è bionda, minuta, con due occhi vispi, che guizzano e si sgranano, mentre racconta, e una pelle candida, di luna. Lui è color di una notte senza stelle, alto alto, con uno sguardo buono e un volto che quando ride s'illumina. Catherine è avvocato, moglie di un altro avvocato, inglese anch'egli, di passaporto, humor e d'aspetto, abitano in una villa antica, con giardino e un ampio terrazzo vista lago, e hanno un casolare, a Città di Castello, in Umbria. Biba è figlio di un proprietario di cava, ha otto tra fratelli e sorelli, disseminati tra Europa e Africa, qui fa il saldatore ma al suo paese ha comprato tre ettari di terra, vicino a Dakar e ha costruito una bella casa, che non somiglia per niente all'appartamento stretto e decoroso dove vive ora, con la moglie, alta quasi quanto lui, elegante e bella, che non fa fatica a rimboccarsi le maniche e lavora in un supermercato, reparto cucina. Biba e Catherine non si conoscono, ma hanno in comune una sofferenza. Il figlio di lui, il più piccolo, sette anni, è morto l'anno scorso, mentre era nella vasca da bagno, credo per un aneurisma. La figlia di lei, cinque anni, è malata di leucemia e lotta ogni giorno per la vita. Non voglio entrare nel dettaglio, non ora. L'ho messo perché entrambi, pur nella disgrazia, sono grati all'Italia, ai vicini di casa, agli amici, ai genitori dei compagni di scuola, per la sensibilità, la gentilezza, la solidarietà dimostrata. Sono orgoglioso che Giovanni sia nato e cresca qui, in un paese ch'è migliore di quello che appare, di quello che mostra.
Foto by Leonora

2 commenti:

Angelo azzurro ha detto...

In effetti, non tutto è da buttare. Abbiamo una bella patria e anche le persone, in situazioni particolari, sanno tirare fuori il meglio di sè.

Miranda ha detto...

Anch'io in questi giorni, in cui si fa di tutto per farci vergognare del nostro paese, mi son sentita nascere dentro una sorta di orgoglio per essere italiana. Anzitutto perchè a fronte di certa gentaglia ogni giorno assistiamo a tanti che cercano di rendere questo paese migliore, tanti che cercano di non sprofondare nel fango, di non lasciarsi vincere dalla melma. Con ottimismo, pazienza, tenacia ed impegno personale tirano avanti, e non concedono tregua a chi violenta quotidianamente questa Italia. Penso a quei giornalisti che cercano la verità, a quei giudici che fanno valere le leggi, a quei poliziotti che tengono duro, a quegli studenti che scendono in piazza per una scuola migliore, a quelle mamme che educano i loro figli al rispetto delle regole...
Ho finito in questi giorni "Nel mare ci sono i coccodrilli" e, è stata una bella sorpresa ma l'Italia e gli italiani ne escono come un popolo accogliente e generoso (a dispetto della lega e dei tanti razzisti). Non me lo aspettavo.

Buona giornata!